Questa rara panoramica, realizzata intorno al 1860 dal piano di Terranova, ci mostra come appariva la parte più a sud della Palazzata prospiciente l’antica piazza del Palazzo Reale (in fondo al centro) da dove, nell’ultimo ventennio del secolo, il nuovo ampio viale San Martino diventerà l’arteria centrale dello sviluppo urbano a sud avvenuto attraverso la nascita dei Quartieri Nuovi. Il piano di Terranova oggi lo potremmo comprendere tra via Tommaso Cannizzaro, l’asse via Ugo Bassi e via Paolo Savoca, via Luigi Rizzo e la riviera di via San Raineri. In esso, fin dal 1967, sono stati rinvenuti resti di insediamenti risalenti già all’epoca preistorica (XVIII-XVI a.C.). Tra il X e XI secolo sull’attuale area della Dogana, sorsero le prime strutture militari da cui ebbe origine il castello normanno che nei secoli successivi fu trasformato in palazzo reale. Nel corso del Trecento poi, nell’area ad est del palazzo castello, in parte già occupata dal Giardino del Vicerè, si sviluppò il borgo di Terranova che in circa duecento anni divenne una estesa contrada descritta come “il più bel sito della città, popolatissimo e copioso di bellissimi palazzi, chiese, conventi e monasteri”. Purtroppo, dopo la repressione seguita alla rivolta antispagnola, allorquando il governo decise di far erigere la Cittadella, il relativo progetto implicò la demolizione, senza remore, dell’intero borgo. Essa avvenne in diverse fasi, dal 1679 inizio lavori, fino al 1718 in occasione della guerra tra austriaci e spagnoli; furono abbattute case, palazzi e chiese tra cui quella di S.Carlo dei PP.Gesuiti, la Casa di Terza probazione dei Padri Gesuiti (un istituto di perfezionamento spirituale per giovani coadiutori che aspiravano alle cariche maggiori nella gerarchia dell’ordine), la chiesa e il convento di S.Maria Maddalena di Terranova, la chiesa di S.Giovanni Decollato e la chiesa e il convento di S.Maria della Grazia di Terranova, il Forte S.Giorgio, la Torre Mozza e il vecchio Arsenale. Il quartiere pertanto scomparve, con il conseguente allontanamento della sua popolazione che allora era arrivata ad ammontare a ben 8.000 anime. Questo evento lasciò inevitabilmente un grande vuoto ed un negativo effetto sull’assetto economico della città. Tutta l’area spianata fu quindi destinata all’impianto di alberi di olmo, di pioppi e di platani. Nel 1850 il piano di Terranova subì, questa volta ad opera dei borbonici, l’ulteriore trasformazione in una grande “piazza d’armi” con lo sradicamento della zona alberata ulteriormente ampliata con una parte di area della contrada Grecia ottenuta con l’abbattimento di altri importanti fabbricati, tra cui i resti del Palazzo Reale (che da 1695 erano adibiti a Magazzini del Portofranco), la chiesa e il monastero di S.Chiara, la Chiesa della Candelora, la chiesa di S.Omobono, la Cappella di S.Giovanni nel Palazzo, la chiesa di S.Elena e Costantino nonché i palazzi del barone Arau e del principe di S.Elia. Da allora, fino alla fine degli anni Settanta del secolo, questo grande piano resterà, come dimostra la foto, in un clima di degrado ed abbandono, animato solo dalla presenza della banchina portuale e dagli spazi occupati da piccoli cantieri per l’attività di riparazione e demolizione di natanti e da pescatori per la manutenzione di reti e delle relative attrezzature.
Michele Orlando
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