La misteriosa pietra dei Giudei…
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Nel prospetto principale del Duomo di Messina, a sinistra della porta centrale e a circa tre metri dal suolo, s’intravede una lastra in marmo rosa , di venti centimetri di base per cinque circa di altezza che, pur nell’usura del tempo, lascia ancora intravedere queste parole “…..SIGNUM PERFIDORUM IUDAEORUM….. “. il piccolo marmo appare gravemente danneggiato e la scritta risulta incompleta e poco leggibile. In particolare sembra che il marmo sia stato volutamente corroso proprio in corrispondenza della parola Iudaeorum . Sappiamo però la data 1347.
Una diffusa credenza popolare, più leggenda che storia, la definisce la Pietra dei Giudei, e ricorda nei seguenti termini un episodio probabilmente mai avvenuto, accaduto in Messina verso la metà del XIV secolo.
A partire dal 1300 le varie comunità straniere presenti in città, erano divenute talmente numerose da organizzarsi in vari quartieri, più o meno omogenei. La comunità ebraica, ad esempio, va più di 2000 di cittadini.
Gli ebrei si occupavano per lo più di commercio, di finanza, della produzione e della lavorazione della seta ed erano espertissimi nella cura e nel recupero dei legni delle navi corrosi dalla salsedine e da un tarlo marino, il verme rosso.
Ai tempi in cui si svolge la nostra storia, da quelle parti esistevano ancora i resti di un tempio pagano dedicato a Castore e Polluce e gli ebrei ne avevano preso possesso costruendovi sopra la loro sinagoga. Per far fronte alle esigenze della loro comunità, all’interno di uno dei cortili i rabbini fecero scavare un pozzo artesiano che per un po’ di tempo diede buona acqua da bere ma col tempo si andò lentamente prosciugando fino a esaurirsi del tutto.
La Chiesa di Messina, però, non vedeva di buon occhio il sorgere e l’estendersi delle comunità religiose non cattoliche e meno ancora di quella ebraica, definita infedele e da sempre accusata di insensato e feroce anticristianesimo. I fedeli cattolici nei confronti degli ebrei, accusati di deicidio, mantenevano un atteggiamento così ostile da riuscire spesso anche provocatorio.
In questo clima di tensione e di reciproco astio e di dispetti, il Venerdì Santo dell’anno 1347 un ragazzo del popolo, secondo la tradizione, passava davanti alla sinagoga cantando ad alta voce il Salve Regina, l’inno preghiera della Chiesa Cattolica.
I rabbini diedero a quel canto il significato della sfida e della provocazione. Allettarono perciò il giovane con suadenti parole e lo attirarono all’interno della sinagoga. Quando il giovane fu dentro, i rabbini gli si buttarono addosso e cominciarono a picchiarlo in malo modo. Quindi gli legarono le mani dietro la schiena e all’istante imbastirono un farsesco processo religioso che finì con la sua condanna a morte, in croce, come Gesù, e come questi fu anche ferito al costato, prima di morire. Più tardi, nella speranza di far scomparire la prova della loro colpa, gettarono il suo corpo straziato dentro il pozzo del cortile e ne chiusero l’imboccatura con una pesante lastra di pietra.
Tutto sarebbe passato nel silenzio, se non fosse intervenuto un fatto straordinario e miracoloso. Il corpo del ragazzo, infatti, poco dopo essere stato buttato nel pozzo, cominciò a sanguinare così abbondantemente che il pozzo stesso si riempì di sangue fino all’imboccatura con un rivolo che subito raggiunse la pubblica via.
I passanti, seguendo quella traccia, intuirono che all’interno della sinagoga doveva essere successo qualcosa di grave. Chiamarono perciò le autorità .
Bussarono alla sinagoga ma, non avendo ottenuto risposta, fecero abbattere la grande porta di legno entrando con la forza. Continuando a seguire la traccia del sangue, giunsero fino al pozzo artesiano e nel suo interno scoprì il macabro assassinio.
Lo sdegno e il risentimento di tutti gli astanti furono grandi. II martoriato corpo del giovane galleggiava nel suo stesso sangue , lo fecero rimuovere per fargli dare cristiana sepoltura.
Tutti gli ebrei presenti nella sinagoga furono arrestati e rinchiusi nella prigione della città, in attesa di essere giudicati da un regolare tribunale. Dell’ignobile delitto fu allora informata la regina di Sicilia Elisabetta, vedova di Pietro II d’Aragona, che in quel momento dimorava a Palermo e che era reggente del Regno in nome del figlioletto Ludovico. Costei inviò a Messina un magistrato che nei confronti dei carnefici e dei loro complici instaurò un processo penale. Da esso i rabbini inquisiti ne uscirono manifestamente colpevoli, sicchè per loro la sentenza non poté essere che di morte.
Portati al patibolo, furono decapitati e le loro teste, per qualche tempo, si dice, furono appese ad un muro della sinagoga. Sotto di esse fu murata una piccola lapide con su incisa la frase: ” …Sigreum Perdorum Iudeorum… “. A quel tempo l’aggettivo perfido non indicava malvagità ma scarsa fede.
Questa è la leggenda , ma di questi atti non esiste traccia scritta e inoltre la curia avrebbe istituito un processo di canonizzazione per la piccola vittima.
Si può proporre l’ipotesi che quanto tramandato sia stato ampiamente inventato e utilizzato per giustificare le violenze e le uccisioni di ebrei che avvennero a Messina in quello stesso anno 1347 non a seguito del supposto omicidio rituale ma di un altro importante avvenimento .
Fu l’anno di una terribile pestilenza che colpì la città dello stretto , il male secondo credenza popolare era la giusta punizione che Dio infliggeva agli uomini, ora con la peste, per redimerli e salvarli.
I messinesi atterriti e sconvolti dal morbo che mieteva vittime come nelle altre città, probabilmente pensarono bene di rivolgere la loro disperazione e violenza contro i loro concittadini ebrei, forse accusati pure di spargere la malattia con magiche condotte, con saccheggi nel loro quartiere e uccisioni. Similmente ai tanti altri analoghi casi, per le autorità cittadine fu facile ricorrere allo stereotipo dell’omicidio rituale perpetrato dagli ebrei in odio a Cristo per giustificare le violenze del popolo cristiano contro di loro.
Fu così trasformato un gravissimo misfatto collettivo in una giusta punizione e correzione dei “perfidi” eretici ebrei, a lode e gloria della vera fede.
Come sempre la storia fu scritta dai più forti .
Giovanni Majolino
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