Lu pisci spada e le sue storie..
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Secondo la leggenda i pesci spada sono dei Mirmidoni trasformati.
I Mirmidoni erano un popolo della mitologia greca, discendente da Mirmidone, figlio di Zeus. Erano un antico popolo della Tessaglia Ftiotide del quale era re Achille e che egli condusse con sé, in gran numero, alla guerra di Troia. Secondo una tradizione, il popolo traeva il nome dal proprio re Mirmidone, figlio di Zeus e di Eurimedusa, che il dio aveva sedotto assumendo l’aspetto di una formica (questo è il massimo della perversione insettivora del padre degli dei).
I mirmidoni sono citati anche da Omero nell’Iliade, dove viene dipinta la loro cieca obbedienza agli ordini di Achille nella guerra di Troia: essi obbedivano agendo spesso anche in maniera molto fredda e crudele, proprio a dimostrare la loro natura di “ex formiche”, d’altronde formica in greco si diceva mýrmēx
Si narra, che i Mirmidoni,volendo vendicare l’uccisione di Achille attaccarono i Troiani. Questi, per evitare la rappresaglia scapparono e allora i Mirmidoni, rabbiosi per non aver raggiunto l’intento, si lasciarono annegare. Al fine di tramandare questo nobile gesto Tetide, dea marina, li tramutò in pesci dal lungo rostro a ricordo della loro arma.
Da allora la pesca del pesce spada avviene seguendo un iter preciso legato probabilmente a questa leggenda; i pescatori calabresi e siciliani,sulla passerella dei loro luntri o feluca (nome delle barche tradizionali per tale pesca) instaurano una sorta di dialogo quando avvistano il pesce , esclusivamente in lingua greca ; quando la barca si fa da presso al pesce spada, è di assoluta tradizione che il marinaio gli “parli”. Sciorinando una litania in greco antico , mischiato a siciliano e calabrese , pare che il pesce una volta sentiti i versi non poteva fare a meno di avvicinarsi alla barca.
Fino al 1960 la pesca era effettuata con metodi tradizionali, la tipica barca utilizzata era manovrata da cinque rematori che facevano avanzare la barca con la poppa.
Le figure che non potevano mancare sulla feluca erano: il rematore centrale detto “u mezziere” che impugna due remi insieme, il lanciatore chiamato “u lanzaturi” che sta a poppa e tiene in mano la lunga lancia dotata di un particolare arpione per infilzare il pesce Spada non appena questo si avvicina proprio sotto la poppa dell’imbarcazione anche ad una distanza di sette otto metri, a questo punto il pesce ferito dopo avere fatto gli ultimi tentativi per liberarsi dall’arpione, comincia a galleggiare sulle acque ed allora è tirato sulla barca per mezzo di corde ed uncini. Bisogna infine ricordare la figura dello ” ntinneri”, ossia l’uomo posto sulla lunga antenna della feluca che fa da vedetta e segue i movimenti del pesce spada dirigendo le operazioni di avvicinamento, una volta avvistato il pesce da delle indicazioni al resto dell’equipaggio gridando dall’alto dell’antenna e sventolando una bandierina bianca.
Una volta issato a bordo un pescatore incideva, vicino la branchia destra, una croce con le unghie della mano (escluso quella del pollice), detta “a caddata dà cruci”.
A questo segno rituale se ne susseguono degli altri, rigorosamente rispettati e tramandati nel tempo dai pescatori. Al termine ricoprono, con riguardo, l’animale per ripararlo dal sole ed é possibile assistere ad un’affascinante cambio di tonalità della pelle del pesce spada, che alterna colori intensi a colori leggeri. È sicuramente un evento spettacolare, ricco di tradizioni, colori e costumi di un popolo che condivide con il mare il proprio destino , non sempre questa lotta vedeva vincere l’uomo , il pesce spada è un animale forte e dal peso che spesso supera i 300 kg capace di ferire e trascinare un uomo in fondo al mare se provocato.
Era una battaglia dura che è costata la vita anche a tanti pescatori. Per questo motivo veniva invocata la protezione di “Santa Marta biniditta” al momento del lancio della fiocina.
Pare vera la storia narrata magistralmente da Domenico Modugno nella canzone “u pisci spada”
Il pesce spada maschio protegge fino allo stremo la sua compagna i Una volta arpionata quest’ultima, infatti, il maschio non l’abbandona e continua a nuotarle vicino come per accompagnarla in questo suo tragico destino e sino a condividerne la disperata sorte, finendo anche lui arpionato dai ferri dei pronti lanciatori che ben conoscono questa sua appassionata fedeltà e che naturalmente sfruttano nelle loro strategie di pesca.
In caso contrario, infatti, la femmina del pesce spada scapperebbe subito, pavidamente o opportunisticamente, rendendo meno proficua la pesca.
Purtroppo lo sfruttamento industriale dei mari con l’utilizzo di reti spadare sta portando a depauperare la presenza del pesce spada nello stretto e in generale nei nostri mari .
Solo grazie a restrittive leggi comunitarie che ha portato a vietarle nel 2005 negli ultimi anni abbiamo avuto una lieve inversione di tendenza . Ormai avvistare un pesce spada nei nostri mari è più un evento che una consuetudine.
Grazie a Giovanni Majolino
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