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MESSINA SEGRETA
UN ANDRONE ESOTERICO-TEOLOGICO DELLA PRIMA META’ DEL ‘900

E’ uno dei tanti bei palazzi in stile eclettico sorti dopo il terremoto del 28 dicembre 1908, un’architettura particolare che si trova abbondantemente diffusa e che ha fatto di Messina la “Capitale europea dell’Eclettismo”. Decoro, arte, mistero, simbolismo, esoterismo sono gli ingredienti di questo stile che a Messina ebbe quale indiscusso maestro l’architetto fiorentino Gino Coppedè. Uno di questi palazzi presenta un androne che, oltre a testimoniare della grande abilità e maestria degli artisti stuccatori messinesi, costituisce una sorta di libro che, attraverso il linguaggio figurato, illustra episodi della Bibbia o di fantasia dal significato ermetico e tutto da indagare. Con uno stile tipico del mondo romano-bizantino, troviamo capitelli dove convivono arcieri e inquietanti raffigurazioni di personaggi in meditazione mantra e due aquile raffrontate; una donna incorniciata da una ghirlanda di frutta (probabilmente la melagrana che per il colore dei numerosi semi, di un rosso traslucido brillante, racchiusi in un involucro robusto, ha colpito l’immaginazione umana per essere un prodigio prezioso della natura, conclusione che è ripresa da molte culture come quella ebraica, greca, babilonese, araba e cristiana. Il libro dell’Esodo prescrive che le immagini delle melagrane siano applicate sugli abiti rituali dei Grandi Sacerdoti e la melagrana, per i suoi numerosi semi, è simbolo di produttività, ricchezza e fertilità) che versa acqua da un’anfora ad un’altra; lastre bizantineggianti con cornici ad intrecci dove nei riquadri così determinati si stagliano figure zoomorfe di animali che sembrano tratti da un bestiario medievale, fra questi grifoni, chimere ma anche l’Agnus Dei e pavoni, simbolo dell’immortalità dell’anima perché nel Medio Evo si credeva che la loro carne fosse immarcescibile; scene di vita quotidiana in altorilievi entro riquadri rincassati e incorniciati da foglie d’acanto, considerato simbolo di verginità in quanto pianta spontanea che cresce in terra non coltivata (raffigurazioni delle sue foglie adornavano le vesti delle personalità più importanti. Nel cristianesimo primitivo e poi in quello medievale l’acanto era simbolo della Resurrezione). E tanto altro ancora.
Tutto ciò a testimoniare la grande cultura e il grande amore dei nostri padri che, faticosamente e con impegno, ricostruirono Messina all’insegna del bello, bello che noi contemporanei spesso non sappiamo coltivare, proteggere e custodire ma, al contrario, facciamo di tutto per distruggere, deturpare e abbandonare al degrado.

Nino Principato


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