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MESSINA CHE SCOMPARE

La chiesa di San Nicola di Bari a Zafferia

Zafferia come Roma.
Proprio così perché, tutte le volte che la festività dell’Annunciazione del Signore il 25 marzo, coincide con il Sabato Santo, è Anno Santo Giubilare. E quando si verifica ciò, è sufficiente recarsi nella chiesa parrocchiale dell’antico Casale messinese, dedicata a San Nicola di Bari, per lucrare le stesse indulgenze plenarie dell’Anno Santo romano. Tutto ebbe inizio quanto il Papa Sisto IV, pontefice dal 1471 al 1484, in segno di gratitudine verso il proprio medico Giovanni Filippo De Lignamine originario di Zafferia, che lo aveva guarito da una grave malattia, ottenne in riconoscimento di ciò l’ambito privilegio per il suo paese. Che venne poi confermato, con lettera del 1817, dal pontefice Pio VII in persona e da Giovanni Paolo II, nel 1988.
Un privilegio la cui antichità si collega direttamente alla nascita del Casale se si considera che Zafferia data le sue origini al 1176, quando l’Arcivescovo di Messina Nicolò concesse terreni a quanti fossero andati ad abitare in quella contrada, con l’unico obbligo di corrispondere un terratico di frumento, orzo, ceci e lino (i nuclei abitativi originari erano denominati Monalla e Cuba).
Fulcro e centro, non solo religioso, della comunità di Zafferia, fu la chiesa parrocchiale di antico insediamento ad unica navata ed officiata da monaci basiliani, sorta su un poggio elevato nel nucleo della Cuba, rifatta, ampliata a tre navate e decorata nel ‘700, danneggiata gravemente dal terremoto del 1908 e che oggi rischia di scomparire definitivamente (si ha notizia della chiesa di S. Nicolò di Bari in un documento del 1308 riportato da Pietro Sella in “Rationes Decimarum Italiae”).
Completamente abbandonata al degrado, pericolante, senza più copertura e totalmente invasa da una lussureggiante vegetazione spontanea, la chiesa custodiva notevoli opere d’arte, fra le quali i ricchi altari a tarsie marmoree policrome, come quello di Santa Sofia, e la preziosa tavola di San Nicola di Bari dipinta da Giuseppe La Falce nel 1601, trasferiti tutti nella nuova chiesa parrocchiale al centro del Casale, edificata dal 1927 al 1930 su progetto dell’ing. Francesco Calabrò.
Sono invece andati irrimediabilmente persi gli splendidi affreschi realizzati dal pittore messinese Letterio Paladino (1691-1743) nel catino absidale.
Nonostante il gravissimo stato di degrado, la chiesa conserva tuttavia cospicui brani delle raffinate decorazioni a stucco settecentesche ed un bellissimo portale di ordine corinzio della stessa epoca, affiancato da elegantissime colonne tortili.
Zafferia come Roma, dicevamo. E invece, purtroppo, per sua sventura e malasorte è uno dei Casali del Comune di Messina, dove si sta facendo di tutto per cancellare definitivamente una così importante ed irripetibile testimonianza di storia, di arte e di cultura.

Nino Principato
(le foto a corredo dell’articolo sono tratte dal sito: www.parrocchiazafferia.it)


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