MASSA SAN NICOLA, IL CASALE FANTASMA DEL COMUNE DI MESSINA, ABBANDONATO CON DISPREZZO NEL SUO SONNO DI MORTESi cammina per antiche stradine signoreggiate da un silenzio spettrale e per certi versi inquietante, senza tempo. Nessuna risata di bimbi intenti a giocare, nessun verso di animale da cortile, nessun chiacchiericcio di donne nei piccoli bagli inondati dal sole, neanche un gatto a sonnecchiare pigramente, nessun urlo di “Mamma li Turchi!”, quando il terrore degli abitanti si dipingeva sui loro volti perché gli empi “saracini” erano sbarcati alla marina di Acqualadrone e stavano risalendo il torrente dei Corsari per invadere il piccolo borgo, saccheggiarlo e poi proseguire, col loro carico di morte, verso Castanea: Massa San Nicola, minuscolo Casale medievale di Messina consuma, così, lentamente e inesorabilmente i suoi giorni, soffocato dall’abbraccio mortale della vegetazione spontanea e dal totale abbandono. Unica presenza viva, solo il rumore del vento che, di tanto in tanto, sbatacchia qualche porta logorata dal tempo e fa suonare le campane della Chiesa Madre, per chiamare a raccolta inesistenti fedeli per un’improbabile Messa. Massa San Nicola, una delle quattro Masse insieme a “San Giovanni”, “San Giorgio” e “Santa Lucia”, la più piccola, è ubicata in fondo ad una vallata solcata dal torrente dei Corsari. Del Casale si hanno notizie risalenti al 592 d. C. quando viene citato come “Massa Maratodis” in alcune lettere di Gregorio Magno. Il toponimo di “massa” nasce, invece, nel V secolo e rappresenta quell’unità economico-sociale che si sostituì alla “villa” romana, costituendo una comunità autonoma all’interno di una cinta fortificata che produce per il proprio consumo e non è più legata al mercato cittadino. Le quattro “Masse”, San Giorgio, San Giovanni, Santa Lucia e San Nicola, datano la loro origine quando nel V secolo le cosiddette “villae”, immensi latifondi che si erano diffusi in Sicilia in epoca tardo-romana furono sostituite, appunto, dalle “massae”, cioè quelle unità economico-sociali autonome, con propria produzione per il consumo interno ed arroccate in posizione difensiva all’interno di strutture fortificate. Così formatesi, le “Masse” messinesi costituirono nel tempo e, soprattutto in età medievale, delle vere e proprie entità urbane, borghi rurali con stretti rapporti sociali cementati dalla produzione agraria e dall’attività pastorale. L’impianto urbano di Massa San Nicola è rimasto ben conservato non avendo subito quegli stravolgimenti edilizi che sono presenti, invece, nelle altre Masse e ciò è dovuto, in gran parte, al totale stato di abbandono. Di sapore medievale, con minuta trama viaria in acciottolato che si sviluppa in pendenza e tipologie abitative mono e bicellulari in blocchi di pietra, con ricorsi in mattoni e coperture a tetto con coppi alla siciliana, interpreta ancora oggi, egregiamente, le suggestioni di un mondo contadino del passato a dimensione d’uomo, fatto anche di antichi silenzi e di rumori familiari come il mormorio sottostante del torrente dei Corsari. In posizione dominante sorge la chiesa di San Nicola di Bari, edificata verso il 1650 e restaurata ad opera di Mons. Angelo Paino, arcivescovo di Messina, che la eresse in parrocchia nel 1921, ampiamente saccheggiata. Accanto, più a monte, si erge la prima chiesa sulla cui facciata si apre l’interessante portale architravato d’ingresso. Le due belle mensoline angolari raffrontate quattrocentesche, in pietra, raffigurano volti umani stilizzati, secondo una tipologia che è presenta anche nella chiesa di S. Antonio, a Massa San Giorgio. “In Sicilia il turismo è cultura”: come suona beffardo questo slogan usurato e abusato se confrontato con le aberranti condizioni di Massa San Nicola, un piccolo, prezioso gioiello urbanistico e architettonico che in altre realtà, ad esempio in Toscana o in Umbria, sarebbe stato sicuramente valorizzato, non certo a Messina dove continua ad essere immerso nel suo sonno di morte, abbandonato con disprezzo e indifferenza dalle istituzioni senza alcuna possibilità di riscatto.
Nino Principato
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