Le Sirene dello Stretto di Messina..
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Il tratto di mare che divide la Calabria dalla Sicilia è da sempre luogo di commerci e di incontri, ma è anche un posto pieno di mistero e poesia. Tra questi misteri e questa poesia a pieno titolo c’è il mito delle Sirene. In questo tratto di mare vi è una magica percezione delle visioni, dei rumori, delle sensazioni dell’alito stesso del mare.
Omero racconta nel XII canto dell’Odissea che i compagni di Ulisse temevano il canto delle Sirene. Figlie del Sole, erano considerate come demoni del Mezzogiorno, ossia demoni meridiani che, come il forte sole a picco sul mare, causavano la morte dei marinai. Il loro canto era misterioso e suadente, irresistibile a chiunque, ma chi osava ascoltare era inevitabilmente votato alla morte alla propria autodistruzione perché le sirene cantavano per distruggere per dare la morte a chi ignaro si lasciava ammaliare da loro.
La leggenda ce li descrive come esseri con la testa di donna e il corpo di uccello,
ma a noi piace immaginare quella versione che ce le dipinge donne con il corpo di pesce, belle e seduttrici.
Vivevano, secondo la leggenda, all’ingresso dello Stretto di Messina, ma anche presso lo Stromboli, in quei luoghi più magici, incantati e pericolosi delle rotte tirreniche di passaggio fra Oriente e Occidente.
“Guardatevi dalle Sirene”: con questo avvertimento Circe aveva lasciato partire Ulisse e i suoi compagni, aggiungendo inoltre che “Esse affascinano i marinai con la loro voce e con la loro prateria disseminata di fiori”. Era facile per quegli uomini provati da lunghi mesi di navigazione, di solitudine e di isolamento subire il miraggio delle terraferma, la tentazione di abbandonarsi all’inattività all’immaginazione, all’oblio dei sensi.
Il mito narra che fossero figlie del dio fluviale Acheloo e della Musa Calliope. Erano le messaggere di Persefone. Il loro compito era quello di fare entrare le anime dei defunti nell’Ade addolcendogli il passo col loro canto. Tra i greci erano spesso figurate come uccelli con la testa e il dorso di donna e con artigli robusti. Essendo figlie di una Musa, esse erano esperte nella musica e soprattutto nel canto che era dolcissimo. Le Sirene col corpo finale di pesce sono una raffigurazione più tarda. Le Sirene compaiono per la prima volta in Omero (Odissea XII, 1 ss.), dove il loro numero pare essere fissato a due. Sul loro doppio aspetto, di donna e di uccello, si tramandano leggende diverse. Secondo la più diffusa, le Sirene erano compagne di Persefone, quando la fanciulla venne rapita da Ade, esse non fecero nulla per aiutarla. Allora Demetra le trasformò in uccelli, e ordinò loro di cercare per tutta la terra la figlia rapita. Le Sirene persero poi la capacità di volare quando le Muse, dopo averle sconfitte in una gara di canto, strapparono loro le ali e se ne fecero una corona (Ovidio, Metamorfosi V, 552 ss.; Igino, Favole 125, 141; Pausania 9, 34,3).
Giovanni Majolino
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