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LE BARACCHE DI MESSINA: STORIA DI UN CANCRO CHE DURAVA DAL SECONDO DOPOGUERRA E CHE L’AMMINISTRAZIONE DELL’EX SINDACO DE LUCA HA IN GRAN PARTE ESTIRPATO “LA VERGOGNA DI MESSINA”: così titolava, in copertina, “STAMPASUD” del 15 dicembre 1957, coraggioso e libero periodico che veniva venduto assieme a “Gente” al prezzo di lire 100. Si, perché “Gente” era un periodico messinese, fondato e diretto dal grande giornalista Gaetano Rizzo-Nervo e poi ceduto alla Rusconi Editore. Stampato dall’Industria Grafica Editoriale di Messina, con le foto di Arbusi, Sergi e Vizzini, “STAMPASUD” ospitava un articolo di Rizzo-Nervo col sottotitolo “Questa isola della vergogna ha viuzze e piazze. Intitolarle al Sindaco della città ed ai più autorevoli ed alti cittadini è l’ultimo omaggio che questa gente morta potrebbe fare. Per l’autorità competente tutto questo è invece una rottura di scatole”. L’articolo iniziava col titolo “QUI I BAMBINI GIOCANO a SVUOTARE L’ORINALE” e, fra l’altro, Rizzo-Nervo scriveva: “Vivere come vivono le bestie è una tappa d’arrivo, un ambizioso traguardo per questi disperati ai quali è stato fatto stupro anche della speranza […] Questa kermesse della merda è la più bella medaglia che noi, concittadini di Messina, ed i nostri amministratori ci portiamo gloriosamente appuntata sul petto. Medaglia “alla vergogna””. Piaccia o non piaccia, le “baracche” del dopo terremoto del 1908, che poi baracche non erano ma belle costruzioni in legno iniziate a costruire a partire dal 1909 secondo il piano dell’ing. Riccardo Simonetti, furono totalmente eliminate dal Fascismo. Il 22 giugno 1923 Mussolini venne infatti in visita a Messina e dal balcone della Prefettura, nel suo discorso, disse fra l’altro: “Messina deve completamente risorgere e tornerà bella, grande, prospera com’era una volta. Non è soltanto un interesse messinese o siciliano; è un interesse di ordine squisitamente nazionale.”. A due mesi dalla sua visita, il 5 settembre, il Consiglio dei Ministri esaminava ed approvava vari schemi di decreto compilati dai Ministri delle Finanze e dei Lavori Pubblici per la ricostruzione di Messina e Reggio e, contestualmente, liquidava l’Unione Edilizia Nazionale e quindi, quella Messinese, che aveva fallito all’obbiettivo di realizzare le case economiche e popolari per i messinesi in baracca. Lo stesso giorno Mussolini annunziava ai messinesi le deliberazioni adottate con un telegramma indirizzato al Prefetto: “A dimostrazione della sollecitudine che il Governo prende per la ricostruzione di queste nobili regioni e in conformità delle assicurazioni da me personalmente date, il Consiglio dei Ministri ha nella odierna seduta deliberato di destinare alla ricostruzione degli edifici privati la somma di 500 milioni di lire da erogarsi in sette anni”. Per facilitare lo sbaraccamento furono costruiti speciali alloggi ultrapopolari provvisori, a Camaro e a Gazzi e si diede avvio alle costruzioni delle abitazioni in contemporanea allo sbaraccamento nel 1926. Fino al 30 giugno 1932 gli alloggi costruiti erano 5.492 con una spesa di 258.815.000 lire. Nei primi 14 anni dal terremoto fino al 1922, erano state demolite 750 baracche. Dal 1926 al 1928, in soli 2 anni, ne erano state eliminate oltre 4.000! Al 31 dicembre 1933 la popolazione disponeva già di 11.600 appartamenti di proprietà privata e 7.975 alloggi di Stato amministrati dall’ufficio di Gestione Patrimoniale del Genio Civile. Le baracche ancora esistenti erano 5.296: alla fine degli anni ’30, sarebbero definitivamente scomparse. Il fenomeno delle baracche a Messina, stavolta senza virgolette perché di infami baracche veramente si trattava, ha inizio nell’immediato secondo dopoguerra, si protrae a partire dagli anni ’50 del Novecento e diventa, col passare degli anni, un cancro difficile da estirpare, mantenuto in vita da intrecci di cattiva politica e malaffare, un sistema che alimenta clientelismo e criminalità. Oggi non è più così e la svolta l’ha data l’ex Sindaco Cateno De Luca e la sua Amministrazione con il primo, storico “colpo di ruspa” alla baraccopoli delle “Case D’Arrigo” a Maregrosso, una quarantina di alloggi e depositi a poca distanza da Via La Farina, nel gennaio 2020, dopo aver consegnato alle 34 famiglie che le abitavano una nuova casa popolare. “Inizia la stagione delle ruspe”, avevano detto il vicesindaco e assessore ai Lavori Pubblici Salvatore Mondello e il presidente di “Arisme”, Marcello Scurria. E l’assessore Carlotta Previti aveva precisato che la demolizione delle “Case D’Arrigo” si era potuta realizzare grazie alla riprogrammazione dei fondi del Pon Metro, uno dei primi atti straordinari della Giunta a partire dal luglio 2018, un mese dopo il suo insediamento. E poi, lo sbaraccamento di “Camaro Sottomontagna” dopo la consegna nel dicembre 2018 da parte dell’assessore Mondello e del sindaco De Luca, a 46 famiglie messinesi, delle chiavi delle nuove abitazioni durante una manifestazione nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca; lo sbaraccamento di Fondo Fucile avviato nel febbraio 2022 (scrive Lucio D’Amico sulla “Gazzetta del Sud”: “È solo l'inizio, solo un primo colpo di ruspa, ma è già Storia […] Fra qualche tempo, qui, nel luogo emblematico dell'emergenza abitativa e del risanamento incompiuto, non ci saranno più baracche, non ci sarà più amianto, non ci saranno più bambini che crescono tra topi e fogne, non ci saranno più politici e galoppini che verranno a promettere una casa, in cambio di voti. Nel giorno dell'inizio dei lavori, la commissaria governativa, la prefetta Cosima Di Stani, e il sindaco Cateno De Luca, evidenziano proprio questo aspetto: “Qui ricomincia tutta un'altra storia, un altro libro da scrivere, di riscatto e di rigenerazione urbana””). E tutto ciò grazie alle ordinanze dell’ottobre e dicembre 2018 dell’Amministrazione comunale che hanno fatto, del problema del risanamento di Messina, un caso nazionale: a partire da allora, l'impegno della deputata messinese Matilde Siracusano col coinvolgimento di Mariastella Gelmini e della ministra Mara Carfagna portò alla legge speciale per Messina con uno stanziamento di 100 milioni di euro e con i poteri affidati alla prefetta. Ultimo atto in ordine di tempo, da marzo di quest’anno le baracche dell’Annunziata Alta sono state cancellate. E in totale sono stati assegnati circa 300 alloggi. Un percorso virtuoso, questo innescato dall’ex Sindaco Cateno De Luca e dalla sua Amministrazione, un percorso che merita un suo logico proseguimento. Un altro dei suoi meriti dove i precedenti amministratori, per dirla con l’indimenticabile Mino Licordari, hanno prodotto solo “chiacchiere e tabacchiere di legno”.

Nino Principato


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