LA STAZIONE MARITTIMA E FERROVIARIA DI MESSINA DI ANGIOLO MAZZONI, CAPOLAVORO DI ARCHITETTURA RAZIONALISTA
Quando Mussolini venne per la seconda volta a Messina, il 10 agosto 1937, nel suo discorso dalla prua di nave posticcia costruita sulla facciata del Municipio promise che due anni dopo sarebbe stata inaugurata la nuova Stazione Marittima e Ferroviaria. Poi visitò la sala dove erano esposti i progetti e il plastico e quindi, con un piccone, diede i primi colpi simbolici a quanto restava della vecchia Stazione in gran parte crollata col terremoto del 1908.
E così fu.
Dopo poco più di due anni, il 28 ottobre 1939, il ministro delle Comunicazioni Giovanni Host-Venturi inaugurava il monumentale complesso.
A progettarlo era stato l’architetto Angiolo Mazzoni (Bologna, 1894 – Roma, 1979) non nuovo a tale genere di architettura che aveva già progettato e realizzato le stazioni di Bolzano (1927-29), Littoria-Latina (1929-34), Reggio Emilia (1934), Trento (1934-36), Siena (1936), Reggio Calabria Centrale (1937-38), Montecatini Terme-Monsummano (1937), Roma Tiburtina (1937). Ma anche edifici postali in tutt’Italia, residenze, chiese, sistemazioni urbanistiche.
La Stazione ferroviaria di Roma Termini, invece, il cui progetto sarà parzialmente attuato a causa degli eventi bellici e politici del 1939-43, verrà completata con modifiche al progetto iniziale nel dopoguerra da Eugenio Montuori e Annibale Vitellozzi.
L’appalto per la Stazione Marittima e Ferroviaria messinese se lo aggiudicò la ditta “P.A.C.E. Peloritana Anonima Costruzioni Edilizie” e il risultato finale fu quello di una straordinaria qualità, testimoniata dalla grande funzionalità che ancora oggi soddisfa gran parte delle esigenze per la quale era stata concepita ben 83 anni fa.
Indirizzato negli anni giovanili verso le architetture di Josef Hoffmann e Joseph Maria Olbrich, il primo esponente della “Secessione viennese” ma poi divenuto interprete dell’astrazione geometrica in chiave modernista e il secondo, anch’esso appartenente alla “Secessione viennese” ma con tendenze architettoniche che lo allontaneranno dallo storicismo all’inizio del XX secolo, Mazzoni nel 1920, con la frequentazione dello studio di Marcello Piacentini (autore, a Messina, del Palazzo di Giustizia), rivolgerà il suo interesse verso un linguaggio architettonico che porrà in rapporto dialettico novecentismo, monumentalismo e modernità, i cui esiti oltre alla Stazione marittima e ferroviaria di Messina sono riscontrabili nel capolavoro dell’edificio costruttivista della “Centrale termica e cabina apparati” presso la Stazione ferroviaria di Firenze, realizzato nel 1927-29.
Per Messina, Mazzoni applicò quel rinnovamento funzionale espresso in maniera tale da dare vita ad un complesso e monumentale edificio che nelle sue diverse parti fosse espressione di una concezione architettonica unitaria ed armonica, in grado con la sua linearità di rapportarsi in maniera non invasiva e rispettosa del contesto urbano circostante. Il suo modello ispiratore erano gli edifici ferroviari di Stoccarda ed Helsinki, informati al ritmo di eleganti partizioni verticali con ampie aperture vetrate.
Come scrive efficacemente Carlo Chiarini, Mazzoni ottiene ciò attraverso «l’uso degli elementi semplici della geometria piana e di quella solida, giocati così sapientemente da riuscire a determinare, nelle sue architetture, tensioni e contrasti di volumi e superfici volti a raggiungere un equilibrio dinamico» (Chiarini Carlo, “L’architettura di Angiolo Mazzoni tra eclettismo e innovazione”, in AA. VV., La stazione e la città. Riferimenti storici e proposte per Roma, Roma, Gangemi, 1990).
Alternanza di pieni e vuoti con cadenza armonica; luci ed ombre perfettamente dosate; nitore abbagliante e quasi surreale del bianco rivestimento esterno in travertino di Alcamo che ne denuncia, senza enfatizzarla, la presenza; volumi puri assemblati a volte senza soluzione di continuità e a volte in perfetta interazione tra di loro; aperture come sottili ma continue ed alte feritoie che creano un’intima simbiosi tra la città e il mare; testata curvilinea che dialoga con la curvità della falce portuale; la leggerezza disegnativa della sottile pensilina, quasi un segno grafico sulla lunga facciata, questi alcuni elementi salienti del risultato complessivo.
Un risultato che è un capolavoro di architettura futurista lineare e imponente con grandissimi ambienti dove, sulla parete interna della galleria a cavallo del sottostante fascio dei binari di imbarco, Michele Cascella collocava l’imponente mosaico eseguito sulla base del dipinto-bozza, commissionato all’Opificio delle pietre dure della Scuola del Mosaico della Reverenda Fabbrica di San Pietro, del cui soggetto prese spunto da un discorso di Mussolini a Palermo col quale la Sicilia veniva elevata al rango “di essere centro dell’Impero”.
Isolata poco distante, significativa applicazione dei dettami architettonici del Futurismo, la torre-serbatoio fasciata all’esterno da una sinuosa scala elicoidale, rimanda al mondo metafisico di Mario Sironi e dei suoi silenziosi, struggenti ma al tempo stesso poetici, paesaggi urbani.
Nino Principato
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