TOMMASO CANNIZZARO, IL TERREMOTO, IL GOVERNO GIOLITTI E LA CENSURA
IL TESTO ORIGINALE DELL’EPIGRAFE SCRITTA DA TOMMASO CANNIZZARO PER IL 1° ANNIVERSARIO DEL TERREMOTO CENSURATO PERCHÉ “ANTIGOVERNATIVO”
A cura di Enzo Caruso e Pippo Pracanica
Tra le tante epigrafi poste sulla facciata di Palazzo Zanca ce n’è una scritta da Tommaso Cannizzaro, su incarico del Comitato in occasione delle Commemorazioni del 1° Anniversario del Terremoto, il cui testo così riporta: MESSINA PER XXV SECOLI ILLUSTRE CADUTA IMPROVVISAMENTE IL XXVIII DICEMBRE MCMVIII AFFERMÒ COI POCHI RIMASTI IL V GENNAIO MCMIX TRA LO SCOMPIGLIO E LA DESOLAZIONE LA SUA INDISTRUTTIBILE VITALITÀ OGGI NEL PRIMO ANNIVERSARIO I SUPERSTITI COMMEMORANDO CON LAGRIME SILENZIONE TANTE MIGLIAIA DI VITTIME INAUGURANO COADIUVATI DAI POPOLI TUTTI SULLE ROVINE DELLA PATRIA LA NUOVA ERA DI RESURREZIONE PEL CONSEGUIMENTO DEGLI ALTI IDEALI DELL’UMANITÀ Dettata da Tommaso Cannizzaro
La lapide, distrutta dai bombardamenti del ’43, fu riprodotta e ricollocata nel 1958, Cinquantesimo Anniversario del Sisma.
Il testo attuale differisce però da quello originale, non autorizzato dall’allora Governo Giolitti.
Cannizzaro, aveva infatti espresso, attraverso alcune parole del testo, il disappunto suo e della popolazione nei riguardi del Governo e del suo più “duro” rappresentante, il Regio Commissario Tenente Generale Francesco Mazza, colpevole di omissioni e inettitudine, nei confronti delle popolazioni bisognose di soccorso, e di negligenza mostrata nell’amministrazione degli aiuti umanitari ricevuti da ogni parte del mondo.
Un risentimento espresso con parole, dure e piene di rancore da Giacomo Longo nel suo “Un Duplice Flagello: Il Terremoto e il Governo Italiano”, pubblicato nel 1909 e inviato al Re, nella speranza di ricevere giustizia da parte del Sovrano.
“Dedico alla insipienza e alla inettezza del Governo Italiano tutto l’odio mio; ed al Generale Mazza, gli scatti impetuosi di una eterna maledizione. Da lui, all’ultimo della sua stirpe sciagurata, passi sempre severa, sempre tremenda, l’eco disperata dell’ultima parola dei miei fratelli di sventura, sepolti sotto le rovine di una illustre città.
Al suo cuore, ritratto singolare del cuore di Giolitti, dedico a perenne supplizio il gemito straziante e l’agonia lenta di centinaia e centinaia di feriti lasciati morire sulla banchina del porto; e possano le inulte ombre di tanti assassinati, tormentare senza posa i suoi sonni.
[…] A Voi, onorevole Giolitti, dedico la nostra gioia e il nostro conforto per non avervi fin qui veduto”.
Cannizzaro, incaricato, dall’apposito Comitato presieduto da Ludovico Fulci, a dettare nel 1909 una epigrafe per la lapide commemorativa del 1° anniversario del Terremoto, cosciente che, una volta collocata, sarebbe rimasta, ad “imperitura memoria”, a testimoniare il sentimento popolare nei confronti dei soccorsi, utilizzò le parole “TRA LA MAGGIOR DESOLAZIONE ED IL COLPEVOLE ABBANDONO”.
Ma autorizzare, da parte degli Organi di Controllo, questa frase, sarebbe risultato certamente ammettere che il Governo fosse veramente colpevole di omissione e negligenza.
Sotto ingiunzione del R. Commissario Salvadori e dello stesso Comitato, Cannizzaro fu quindi costretto ad eleminare tali parole, ritenute “anti-governative”, pena l’annullamento della cerimonia da parte delle Autorità preposte. La lapide, “opportunamente” corretta, è oggi affissa sulla facciata di Palazzo Zanca.
Ecco quanto riportato dalla “Gazzetta della Sicilia e delle Calabrie” del 4-5 gennaio 1910 dell’intervista che Cannizzaro rilasciò al cronista:
“Essendo stato incaricato dal Comitato Messinese a comporre una epigrafe commemorativa per le vittime del disastro, ho scritto alcune righe che qualche giorno dopo ho potuto leggere e consegnare ad alcuni membri del Comitato stesso, venuti da Messina per ritirarli. Dopo un paio di giorni, la sera del 21 ricevetti successivamente due telegrammi:
Ma Cannizzaro non si arrende.
Avendo rilevato dai due telegrammi che il Comitato e il R. Commissario erano perfettamente d’accordo sulla soppressione delle parole” COLPEVOLE ABBANDONO”, io ho sostituito le medesime con le parole ”TRA LO SCOMPIGLIO E LA DESOLAZIONE”.
Però, animato dallo stesso principio che mi aveva suggerito la prima frase, ho aggiunto in seguito alla seconda linea dell’epigrafe le parole seguenti:” SOLO DA CITTÀ SORELLE E DA STRANIERI SOCCORSA”.
Senonché, la sera del giorno 22, è venuto a trovarmi in persona il R. Commissario Comm. Salvadori; questi ha insistito che si togliessero le parole “COLPEVOLE ABBANDONO”, nonché la seconda linea aggiunta, facendo osservare che altrimenti né egli né alcun’altra Autorità sarebbe intervenuta alla funebre cerimonia, intervento alla quale, giusta il telegramma Schepis, il Comitato non aveva creduto rinunciare.
A questo punto io, semplice incaricato del Comitato, malgrado la protesta della propria coscienza ho dovuto trascrivere l’epigrafe togliendone le parole incriminate, non senza però aggiungere in fondo alla pagina le seguenti parole: N.B. Ho creduto di modificare la epigrafe così salvo approvazione del Comitato, scaricandomi di ogni responsabilità”.
C’è ancora molto da scoprire di Tommaso Cannizzaro, un personaggio di alto profilo, capace non solo di scrivere e poetare, ma anche di ergersi all’occorrenza, in modo oggettivo e coraggioso, a nome della collettività, a duri giudizi contro l’allora Governo Giolitti che gestì, in modo discutibile, i soccorsi alla popolazione colpita dal sisma del 1908.
A lui sono, non a caso, sono intitolate una Scuola, una Via e la Biblioteca Comunale che egli stesso donò al Comune.
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