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IL TEMPIO DI S. FRANCESCO D’ASSISI ALL’IMMACOLATA A MESSINA E LA NUMEROLOGIA SACRA

Nel “De doctrina christiana” Sant’Agostino ritiene indispensabile la conoscenza del linguaggio dei numeri, altrimenti non è possibile capire a fondo quanto si legge nelle Sacre Scritture. Nel Tempio di San Francesco d’Assisi all’Immacolata, fondato nel 1254 dalle patrizie messinesi Violante Palizzi, Eleonora da Procida e Beatrice Belfiore, i numeri sacri costituiscono il fondamento della sua edificazione, gli elementi chiave che ne assicurano la proporzione.
La chiesa è stata costruita secondo il numero triangolare di 4 che rappresenta il numero del giuramento pitagorico, cioè la perfezione, la giustizia, la proporzione armoniosa, la terra, la rappresentazione del cosmo nella sua interezza, il numero della Tetraktys pitagorica ottenuto dalla somma dei precedenti:1 + 2 + 3 + 4 = 10. Il numero dieci, percorrendone l’asse longitudinale (quello, per intenderci, che congiunge il portale dell’ingresso principale col catino absidale) che ne costituisce la direzione principale, sovrintende a tutto lo sviluppo dimensionale della pianta in lunghezza.
Il numero uno della Tetraktys è rappresentato dal portale; il numero due dalla zona centrale del transetto; il tre dall’altare maggiore e il quattro dall’abside principale. In sostanza, il Maestro d’Opera di San Francesco, dopo aver individuato il centro del futuro edificio apponendovi un palo di riferimento, ne tracciava l’asse longitudinale secondo un preciso orientamento est-ovest. Su di esso venivano quindi riportati i quattro punti cardine: centro del portale, centro del transetto, centro dell’altare, centro dell’abside. La somma di queste distanze fra i diversi punti, dà come risultato dieci: una somma ideale, qualsiasi fossero le reali lunghezze perché i segmenti che univano i quattro punti, dividevano il dieci del totale secondo criteri proporzionali.
Una volta stabiliti questi quattro punti chiave, il Maestro d’Opera, ancora secondo criteri proporzionali geometrici, determinava le dimensioni in larghezza della navata e la sua altezza, fino a pervenire all’organismo spaziale completo dell’edificio.
Il numero uno (unicità), in senso cristiano, è Dio il Padre, quindi, l’unità primordiale, il Creatore, il Centro, l’indivisibile, l’inizio. Il numero due (polarità) è Cristo con le sue due nature umana e divina, è l’equilibrio, la stabilità, l’alternanza, i poli opposti. Il tre (armonia) è il numero “celeste” in quanto simboleggia l’anima, in senso cristiano rappresenta la Trinità, le tre croci sul monte Calvario, le tre Marie, le tre virtù teologali (Fede, Speranza, Carità), le tre tentazioni di Cristo, le tre rinnegazioni di Pietro, le tre apparizioni di Cristo dopo la morte. Il numero quattro è indicatore del mondo poiché quattro sono i venti principali, quattro i punti cardinali e nel vangelo di Giovanni, dopo che Gesù è crocifisso, i soldati si dividono le vesti in quattro parti.
La Tetraktys pitagorica esprime così la divinità nel paradigma della Creazione, definisce l’intero edificio sacro di San Francesco d’Assisi nel punto (1), nella linea (2), nel piano (3) e nello spazio (4), rappresentando tutte le dimensioni spaziali.
Entriamo nel tempio per trasformarci da pietra grezza in pietra rifinita che rifiorirà, e solo se lo vorremo cento volte scopriremo i messaggi dei simboli e cento volte ancora ne scopriremo, e poi ancora, e poi ancora, e solo se supereremo la nostra misera condizione umana legata alla materia, solo se ci avvieremo verso un cammino iniziatico che ci farà entrare nel tempio per essere pietre viventi e ricolme dello Spirito.
Il Maestro d’Opera che ci accoglie, col suo bastone denotante autorità, con ampi gesti ci indica le finestre circolari presenti sui lati corti del transetto e sulla parete sopra le absidi: sono tre e racchiudono un valore spirituale, idealmente possono essere unite con delle linee immaginarie formando così il triangolo simbolo della Trinità. Tre che è ribadito dalle eleganti e snelle finestre monofore strombate sottostanti.
Poi ci conduce verso l’abside maggiore e ci invita a contare le finestre strombate strette ed alte: sono 5 mentre 7 sono gli acutissimi spicchi di volta ottenuti dalle leggere nervature costolonate ed impostate su capitelli con le decorazioni di foglie uncinate a grappa.
E allora ci spiega che 5 è il numero dell’armonia, dell’equilibrio e della grazia divina perché è il simbolo dell’Uomo-Dio per le cinque ferite di Cristo sulla croce; è simbolo della coscienza incarnata, materia, 4 (acqua, fuoco, terra, aria) + Spirito, 1; perché i 5 libri della Torah (legge, insegnamento) corrispondono al numero dei primi 5 libri della Bibbia o “Pentateuco” (“libro dei cinque rotoli”): Genesi (la chiamata dell’uomo a Dio); Esodo (alleanza fra Dio e il suo popolo); Levitico (liturgia nella sacralità e santità); Numeri (il popolo di Dio in cammino nel deserto); Deuteronomio (la legge e la morale). E ci spiega che 7 è il numero divino perché riferito al riposo di Dio dopo la Creazione; che il numero 7 si trova nelle Sacre Scritture 600 volte, e ogni volta indica un’azione che si compie per volontà divina.
Sul pavimento, un altro Maestro d’Opera che verrà trecento anni dopo di lui, in sintonia riproporrà la sacralità del numero 3: ed ecco 3 cerchi di diversa grandezza che sottendono i soli del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Fuori, sulla facciata, il Maestro d’Opera ci invita a vedere, non a guardare, il magnifico rosone che inonda di Luce l’interno della chiesa e ci invita a contare le colonnine che si dipartono dal disco centrale con raffigurato l’Agnus Dei, l’“Agnello di Dio” Gesù Cristo nel suo ruolo di vittima sacrificale per la redenzione dei peccati: sono 12 perché tante sono le tribù del popolo di Israele; perché 12 è il numero degli apostoli e perché 12 è il numero delle ceste di pani e pesci che avanzarono dopo aver sfamato 5000 persone, in rappresentanza delle 12 tribù di Israele. (Mc 6, 43).
Il Maestro d’Opera, mentre sorride, ancora col suo bastone sormontato dal tirso ci indica adesso il cielo sopra il rosone, è il cielo di oggi, è lo stesso cielo di ieri, è il cielo di sempre. E allora capiamo che prima di entrare nel Tempio avevamo sbagliato cammino, ci eravamo incamminati guardando a terra, verso i sentieri della materia che conducono al nulla.
“Dio è un cerchio il cui centro è ovunque e la cui circonferenza è in nessun luogo” (Ermete Trismegisto)

Nino Principato

(foto Roberto Principato)


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