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U biscottu da monaca…..

Il risveglio mattutino può essere a volte un impresa insostenibile, solo il miraggio di una colazione stimolante può dare la forza per lasciare il tiepido letto, da una dozzina di generazioni questo sostegno lo hanno dato per molti siciliani i leggendari “viscotti da monica”.

I viscotti da monica hanno una storia interessante e una composizione chimico-fisica che rasenta la perfezione.

Nascono dalla tradizione che vedeva i conventi di clausura sostenersi con la produzione e la vendita di dolciumi,
Questi conventi,prima del 1860,erano le “pasticcerie”delle città siciliane e durante le feste, sfornavano teglie di biscotti e specialità dolciarie che vendevano sia alla nobiltà che al clero,ma anche ai normali borghesi.
Le monache più apprezzate erano dette SPIZIALI non è dato sapere quale di queste , in quel del convento di Santa Chiara a Catania ebbe l’idea di produrre un biscotto molto secco ma con la capacità di sciogliersi velocemente nel latte e con l’aggiunta non trascurabile di saporiti semi di anice.

I biscotti fanno parte del patrimonio culinario siciliano da almeno 2500 anni, narra una leggenda che furono inventati per errore dal cuoco di Giasone mitico eroe greco che addormentandosi aveva lasciato il pane a cucinare per il doppio del tempo, quando l’eroe e i suoi argonauti partirono all’avventura mangiarono per tutto il tempo questo pane che visto che aveva cucinato per il doppio chiamarono biscotto e che li sostenne per tutta la durata del periglioso viaggio.

La ricetta dei biscotti da monica come quella degli altri dolciumi prodotti dai conventi era assolutamente segreta, il fatto che i biscotti siano arrivati a noi si deve a MARIA MESSINA detta “Mara” ,fondatrice del Biscottificio Arena.

Maria nacque a Catania nel 1847,crebbe come spesso capitava nell’alta borghesia con l’ingrato destino segnato dalla mancata primogenitura, e quindi per evitare di frazionare il patrimonio di famiglia in onerose doti,fu mandata in convento ,quello di Santa Chiara, in via Garibaldi.

All’epoca entrando in convento, si aveva la possibilità di indossare l’abito religioso dell’ordine dei francescani e prendere i voti dopo un periodo di approfondimento spirituale e culturale.
Mara, vi entrò giovanissima, per apprendere anche l’arte della cucina.
Del suo noviziato nel convento di Santa Chiara, non abbiamo tante notizie e se ci sono, sono scarse e frammentarie.
Dopo 1860,il nascente regno d’Italia iniziò la requisizione e la vendita dei beni ecclesiastici e le povere future suorine, essendo senza rendite furono costrette ad abbandonare i conventi,crescendo il numero delle “monache di casa”.
Mara aveva soltanto 13 anni ed era entrata da poco a Santa Chiara ma,per fortuna quel convento continuò a funzionare e ad essere il regno dei dolci.
Nel convento si facevano biscotti a forma di esse , i viscotta d’a monaca che rientravano nella categoria dei dolci “di riposto “o “di credenza “,ossia biscotteria secca.
Si era ormai alla fine dell’Ottocento quando la nipote Rosaria Di Mauro notando che a Catania gli affari del ramo dolciario andavano bene, ed erano soprattutto molto ricercati i COSI DUCI dei conventi , convinse la zia a sfruttare le ricette imparate in convento e incominciarono a preparare i viscotta d’a, ‘nzuddi, Paparelli,nucatuli,mostaccioli,ecc.

Ma il prodotto principe divenne il biscotto ad esse.
Per la vendita al pubblico aprirono un piccolo locale ubicato in via Mancini nei pressi di piazza dell’Università a Catania.

Il forno era sito all’interno del negozio, nella strada cominciò a spandersi l’odore paradisiaco dei viscotta d’a monaca, e i buongustai accorrevano ad acquistarli. Da allora i viscotta d’a monaca sono diventati i biscotti dei catanesi per antonomasia.

Un giorno prima di ferragosto del 1907, Mara Messina morì:aveva 60 anni. In seguito la nipote Rosaria sposò GIOVANNI ARENA (nome degli attuali biscotti),e continuarono insieme l’attività che diventò un’impresa a conduzione familiare.
Di Rosaria si descrive il profilo di una donna forte e di piglio deciso,infatti aveva preteso di registrare a proprio nome l’azienda alla Camera di Commercio di Catania, unica ditta intestata ad una donna in quel periodo storico.
Morì ad 82 anni nel 1943 in un paesino al confine con la Svizzera, dove gli Arena erano sfollati a causa della guerra.
Ma la produzione non si è mai fermata e il biscottificio ormai da oltre 140 anni resta sempre nella sede storica di via A. Mancini a garantire biscotti da monica e non solo a grandi e bambini.

Anche dal punto chimico fisico u viscottu da monaca è un piccolo capolavoro, alla presenza di zuccheri e di farina di grano duro si unisce il lievito e i semi di anice, il miracolo chimico è dovuto alla lunga cottura (si dovrebbe chiamare triscotto) , la temperatura non è elevata comunque il forno ben ventilato, durante la cottura avviene che l’ammoniaca presente nell’impasto dona una buona consistenza alla struttura e la lunghissima cottura la fa evaporare tutta senza lasciare tracce odorose nel biscotto, inoltre lo zucchero tende a cristallizzare e l’acqua presente nell’impasto ad evaporare,a bilanciare questo fenomeno che renderebbe troppo duri i biscotti intervengono due fattori, il lievito e l’anetolo prodotto dai semi di anice, quest’ultimo olio limita la riproduzione del lievito e al contempo frattura la cristallizzazione dello zucchero.
Sono proprio queste minuscole microfessure che permettono al biscotto di inzupparsi magnificamente, ma questo non basta ancora .

La forma ad esse porta molte delle componenti peso del biscotto ad equilibrarsi tra loro fornendo una stabilità fisica che permette l’inzuppo senza che parti del biscotto si stacchino, cosa che avviene nei biscotti a forma rettangolare
Non sappiamo se le monache speziali avessero progettato a tavolino tale arguto meccanismo di inzuppo ma il risultato è eccezionale.

Inoltre lo stesso anetolo dona al biscotto un’alta digeribilità tanto che è consigliato anche per i bambini piccoli, insomma lunga vita al biscotto da monica.

N.B. Per effettuare gli studi sulla cottura e l’inzuppo dei biscotti abbiamo dovuto sacrificare in nome della scienza oltre un Kg di biscotti, siamo per la sperimentazione sul campo senza se e senza ma se sei contro non mangiare.

Grazie a Giovanni Majolino


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