I segreti da “Pasta cu niuru…
L’origine di questa ricetta e’ controversa. La rivendicano i messinesi, se l’attribuiscono i catanesi, ed e` in uso a Siracusa. E’ certo tuttavia che nasce nella Sicilia orientale , verso la seconda metà del 1600 .
L’ingrediente principale è il nero di seppia, liquido scuro secreto dalle seppie; per estensione si può intendere il liquido secreto dalle ghiandole di altri cefalopodi (polpo, calamaro…).
Esso è liberato da un’apposita sacca (situata fra le branchie) e disperso con l’ausilio d’un getto d’acqua emesso dal sifone.
Il colore scuro è dovuto al suo costituente principale, la melanina.
Ciascuna specie di cefalopodi produce inchiostri di colore leggermente diverso; in genere, i polpi secernono inchiostro nero, mentre quello di calamari e totani è blu scuro e quello delle seppie è marrone (color seppia).
In passato lo si usava come elemento base per la creazione del più diffuso inchiostro del medio evo il nerofumo che aveva l’importante qualità di non essere reattivo, grazie all’inerzia chimica del carbonio, e di non essere soggetto ad alcuna alterazione.
Leggenda vuole che il modo di dire chiù niuru de corna , abbia tratto origine da questo prelibato piatto , pare che Mario Rapisardi scrittore catanese quando ancora era il novello sposino di Gisella Foianesi.
Fece preparare per la sua sposa quando venne per la prima volta a Catania, la pasta co niuru dei sicci.
Gisella, non avendo mai visto un piatto così, rimase inorridita e si rifiutò di assaggiarla. Fu allora che Rapisardi e sua madre forzarono la donna ad assaggiare il piatto.
Per un siciliano rifiutare la pasta co niuru preparata dalla madre è offesa assai grave si racconta che Gisella fu da quel momento che iniziò ad avere le prime divergenze con Rapisardi e la di lui madre, fino a quando, alla fine, si consolò con Verga.
Quindi da allora è stato chiamato corno nero.
Il nero comunque fa da sempre sfondo al paesaggio del catanese , gli scogli e la sciara sono compagne nere del paesaggio etneo.
L’attore Tuccio Musumeci da una sua versione sull’origine della pasta co niuru de sicci , Quest’ultimo spiega come l’origine del piatto sia legata alla vita quotidiana che si svolge ai piedi del vulcano.
Ecco alcuni esempi classici. Oltre al nero lava, c’è la linea di posta che fa oscurare il tuo cuore così puoi vedere tutto nero. Quando il marito torna a casa, sua moglie apparirà nera. Musumeci, mentre recitava una poesia di Martoglio “tanto quanto i capelli di una donna”, lo enfatizza addirittura come “i capelli” e anche neri. Insomma, secondo la sua visione, i catanesi vedevano tutto nero, quindi la pasta con il nero è sempre lì, sempre e sempre!
Aggiungiamo ca u niuru della pasta che sicci dura qualche giorno di più dentro il nostro corpo , la melanina componente base del nero di seppia, infatti non è digeribile per gli esseri umani e rimane quindi nel tratto intestinale diversi giorni prima di essere espulsa , colorando le feci di un nero vivace che diventa ancora più scuro se al pasto aggiungete spinaci .
Questa è la ricetta consigliata da Camilleri e quindi non mettiamo in dubbio cotale autore (anche se preferiamo gli spaghetti).
Ingredienti: 600 gr. di taglierine, 500 gr. di pomodori maturi, 2 seppie di media grandezza, 1 spicchio d’aglio, un bicchiere di vino bianco, olio, sale e pepe.
Pulite bene le seppie, badando a non rompere il sacchetto contenente il nero (che metterete da parte), e tagliatele a striscioline fittissime. Soffriggete in tegame nell’olio, l’aglio intero o a pezzetti, ed aggiungete il pomodoro spellato e senza semi.
Appena si sara’ appassito aprite con attenzione il sacchetto del nero facendo scolare il suo contenuto nel tegame. Aggiungete le seppie, rimescolate bene e sfumate col vino. Allungate il sugo con un bicchiere d’acqua, abbassate la fiamma e lasciate cuocere per mezz’ora circa. Lessate le taglierinebene al dente e condite nella zuppiera con la salsa nera.
Buona pasta cu niuru a tutti.
Grazie a Giovanni Majolino
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