8 MARZO, FESTA DELLE DONNE…A MODO MIO
LE DONNE MESSINESI CHE HANNO FATTO LA STORIA
La gigantessa MATA è la prima donna a far capolino nella Storia di Messina. Secondo la tradizione che sconfina nella leggenda, era figlia di Cosimo II di Castellaccio, nativa del Casale messinese di Camaro. Quando un altro gigante moro di nome Hassam Ibn Ammar che di mestiere faceva il razziatore, durante una delle sue scorrerie, se ne innamorò perdutamente, Mata accettò di sposarlo a condizione che appendesse al chiodo la scimitarra e abbracciasse la fede cristiana. Così fu e da loro siamo discesi noi messinesi.
La Storia invece racconta che Riccardo Cuor di Leone, re d’Inghilterra e duca di Normandia, a Messina dal settembre 1190 all’aprile 1191 per congiungersi con l’esercito di Filippo Augusto re di Francia e partire insieme alla volta della Terza Crociata, ridiede il potere ai messinesi vessati dai greco-bizantini e fece ampliare il castello normanno che fu denominato Matagriffone (oggi Sacrario di Cristo Re), da cui Mata e Grifone e cioè Messina incoronata che riprende la sua supremazia sull’elemento greco-bizantino, Grifone.
SANTA SILVIA, nata a Messina dalla famiglia Ottavia intorno al 520, qui concepì il figlio che partorì a Roma, il futuro Papa San Gregorio Magno. Rimasta vedova condusse una vita semplice e, indossato l’abito delle Oblate benedettine, si dedicò alla meditazione e al servizio dei poveri. Morì il 3 novembre del 592 o del 594.
ELPIDE fu invece una poetessa latina, dotta anche nella lingua greca, moglie del letterato e filosofo romano Anicio Manlio Torquato Severino Boezio (Roma, 475 – Pavia, 25 ottobre 525). Scrisse alcuni inni ancora in uso nella liturgia della Chiesa come quello del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo (VI secolo) e si deve a lei l’invenzione dell’eptasillabo. Morì nel 504 e fu sepolta in Pavia insieme al Marito nella Chiesa di S. Pietro in ciel d’oro dove ivi si trova un epitaffio latino che si vuole scritto da lei stessa.
SANTA FLAVIA, compatrona di Messina, subì il martirio col taglio della testa insieme ai fratelli S. Placido, Eutichio e Vittorino ad opera dell’archipirata Mamuka, nell’ottobre del 541. Le sue spoglie sono oggi custodite nella chiesa di San Giovanni di Malta.
DINA E CLARENZA salvarono Messina e i messinesi dall’attacco della soldataglia di Carlo d’Angiò, durante la rivolta del Vespro Siciliano, quando la notte dell’8 agosto 1282 assediarono il Colle della Caperrina (dove oggi sorge il Santuario di Montalto).
Mentre Dina lancia massi contro i nemici, Clarenza suona le campane facendo accorrere la milizia cittadina al comando di Alaimo da Lentini che respingerà definitivamente i francesi.
La prima poetessa a scrivere versi nella “lingua volgare” fu NINA DA MESSINA. Detta anche “Nina Siciliana” o la “Nina di Dante Majano”, poeta autore di sonetti, canzoni e ballate, fiorì nel 1290. Dall’Accademia della Crusca è citata tra “I fondatori della Toscana favella”. Nina da Messina fece parte della “Scuola Poetica Siciliana” nella seconda metà del ‘200 insieme agli altri messinesi Guido e Oddo delle Colonne.
TURINGA CAMEOLA fu addirittura una delle protagoniste del “De mulieribus claris” (“Le donne famose”), opera in latino composta da Giovanni Boccaccio tra l’estate del 1361 e quella del 1362, che raccoglie le biografie di 160 donne celebri.
Nacque a Messina verso il 1310, si sposò giovanissima e presto restò vedova ereditando “ricchezze regali”. A quel tempo Roberto D’Angiò, figlio di Carlo II “Lo Zoppo”, era in guerra con Pietro II d’Aragona poiché non si rassegnava alla perdita della Sicilia dopo le vicende del Vespro. Nel 1339 Orlando, fratellastro di Pietro II, assediò l’isola di Lipari ma fu fatto prigioniero. Sulla sua testa venne messa una forte taglia e Camiola Turinga, segretamente innamorata del bell’Orlando, pagò 12.000 fiorini per il suo riscatto, dal momento che il fratello l’aveva abbandonato al suo destino, dietro la promessa di matrimonio. Ottenuta la libertà, Orlando tornò a Messina ma rifiutò di sposare la Turinga. Intervenne re Pietro che impose al fratellastro di mantenere fede all’impegno assunto.
Fissato il giorno del matrimonio Camiola attese lo sposo con l’abito nuziale ma quando questi si presentò, lo scacciò dicendogli “che gli donava la somma pagata per il riscatto e che non avrebbe mai unito il suo destino con un uomo mancatore di fede”. Si chiuse nel monastero di Santa Maria di Basicò, in clausura, dove morì il 21 maggio 1345. Di lei si occupò anche Friedrich von Schiller che scrisse “Die Braut von Messina”, “La sposa di Messina”.
SMERALDA CALAFATO, poi EUSTOCHIA, nacque il 25 marzo 1434 in una stalla nel Villaggio Annunziata di Messina dove i genitori Bernardo Calafato e Mascalda Romano-Colonna si erano trasferiti per sfuggire alla peste che imperversava a Messina.
Divenuta monaca nel monastero di Santa Maria di Basicò, assunse il nome di Eustochia. Riuscì poi a fondare un monastero di clarisse nel 1457, Montevergine, complesso religioso ancora esistente in via 24 Maggio dove si conserva il suo corpo intatto. L’11 giugno 1988 è stata santificata dal pontefice Giovanni Paolo II. Antonello da Messina ne dipinse il volto nell’”Annunciata”, nel museo di Palazzo Abatellis a Palermo del 1475
La messinese MAJELLA ARENA, nel 1443, unitamente ad altri messinesi che si finsero congiurati, si recò a Siracusa che si era ribellata e trovò modo, in un convito, di trucidare i capi della sedizione. Per tale motivo, la regina Maria d’Aragona, moglie di Alfonso d’Aragona, la nominò sua “Cameriera Maggiore” tributandole un lungo elogio in latino
ANNA MARIA ARDUINO nacque a Messina nel 1672 e a 16 anni aveva già composto molte poesie. Sposata col Principe di Piombino Giovanni Battista Ludovisi, si trasferì a Roma dove diede alle stampe un volume in versi pregevoli che ebbe un enorme successo di lettori e di critica. Qui fu ben accolta dagli accademici dell’Arcadia con il nome di “Gentile Faresia” e vi recitò vari suoi componimenti in Latino e in Italiano. Poco dopo aver perso il marito e l’unico figlioletto, morì a Napoli il 29 dicembre 1700, a soli 28 anni, e fu sepolta nella chiesa di San Diego all’Ospedaletto, in cui ancor oggi si trova il suo sepolcro con un bassorilievo marmoreo disegnato da Francesco Solimena.
Grande eroina messinese fu ROSA DONATO, denominata “la cannoniera del popolo” perché andava in giro per Messina cannoneggiando i soldati borbonici durante l’insurrezione del 29 gennaio 1848.
A ROSA TORNESE SMALTZER, nata nel 1812 nel villaggio di Tremestieri da umili genitori e sposata con Alfonso Smaltzer, si deve la fondazione dell’”Istituto Smaltzer”, riservato all’assistenza delle ragazze orfane, che sorse nell’antica Contrada Arcipeschieri, allora aperta campagna.
Ricostruito ex novo negli anni ’30, è ora affidato alle Domenicane del Sacro Cuore di Gesù che vi tengono scuole di vario ordine e grado.
NINA RENER, anche se nata a Tomsk in Siberia, fu la prima crocerossina a posare piede a Messina dopo il terremoto del 1908. Apparteneva alla Croce Rossa moscovita e sbarcò dalla nave russa “Makaroff”. Il corpo delle infermiere volontarie di Croce Rossa, le “crocerossine”, venne fondato in Italia dalla Regina Elena il 25 giugno 1908 ed entrò in funzione, per la prima volta, sei mesi dopo nel terremoto di Messina del 28 dicembre 1908.
Altra infermiera volontaria della Croce Rossa fu CAROLINA ROMEO, nata il 27 aprile 1888 e che si distinse durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Nel ’47 fu decorata con la medaglia d’argento e in tempo di pace lavorò con dedizione all’Ospedale “Piemonte” e alla casa di cura “Cristo Re”. Trascorse gli ultimi anni della sua vita, sempre con lo spirito di donarsi agli altri, nella Casa delle suore domenicane del Sacro Cuore di Gesù, dove morì serenamente il 12 luglio 1983.
MARIA SOFIA PULEJO BONINO, nata nel 1904, condusse una vita esemplare dedita ad opere di bene. Appena ventenne sposò Uberto Bonino e con lui condivise ansie e propositi con amore e intelligenza. Colpita da un embolo che ne minacciava l’esistenza, con il dono della Fede si sottopose all’amputazione di una gamba e dal suo letto di dolore, aderendo anche al desiderio del marito senatore Bonino, aggiungeva il 13 agosto 1972 al proprio testamento questo codicillo: “Per tutto il resto del mio patrimonio immobiliare, già disposto a favore di mio marito, uniformandomi anche al suo espresso desiderio, dispongo sia devoluto a favore della istituendo Fondazione “Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo” per borse di studio che sarà creata dall’Università di Messina e regolata da uno Statuto concordato con mio marito”. Morì il 4 novembre 1972.
Altra grande benefattrice fu Adriana Caneva che, insieme al marito Giuseppe Bosurgi, si dedicò a molte opere assistenziali quali la “Croce Rossa”, la “Maternità e Infanzia” e l’”Istituto Marino di Mortelle”, realizzato a proprie spese nel 1928 per la cura elioterapica e del rachitismo dei bambini poveri di Messina. Alla morte di Giuseppe Bosurgi, nel 1935, l’opera assistenziale venne proseguita da Adriana Caneva che scomparve il 27 marzo 1963.
Queste, alcune donne messinesi che hanno fatto la Storia.
Viva le donne!
Nino Principato
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