BADIAZZA, DOVE ESOTERISMO E DIVINO SI FANNO PIETRA PARLANTE
Santa Maria della Valle in epoca normanna, Santa Maria della Scala nel 1167 per l’omonimo dipinto su tavola giuntovi prodigiosamente e Badiazza dopo l’abbandono delle monache benedettine in conseguenza della peste del 1347. Davanti al tempio monumentale sull’argine destro della fiumara in Contrada “Scala”, ai piedi dei Colli Sarrizzo, per un momento non siamo più visitatori di un edificio muto ma uomini e donne da Cattedrale che, col vestito del pellegrino medievale, interroghiamo le pietre per soddisfare la nostra sete di conoscenza.
Le pietre parlano perché gli apprendisti, sotto la guida del Maestro d’Opera, hanno scolpito su di esse dei segni ad indicare il cammino di un viaggio alla ricerca della trascendenza e dell’immanenza, e parlano di un lontano giorno di mille anni fa quando uomini vestiti di bianco e con la mitria in testa eseguivano dei movimenti a X sul pavimento, marcando così l’iniziale della parola “Xristòs” e significando la presa di possesso del luogo consacrato da parte di Cristo: era la dedicazione del tempio che veniva aperto al culto con la celebrazione della prima messa. Entriamo anche noi liberandoci da ogni legame e da ogni certezza per capire il messaggio che apprendisti, compagni e Maestro d’Opera hanno eternato nel mistero della sacralizzazione della materia.
Le tre absidi della Badiazza sono orientate verso il mare, ad est: “Che l’edificio si protenda verso oriente come una nave”, raccomandano le “Costituzioni apostoliche”, e da ciò si può dedurre l’importanza dell’orientamento che non aveva soltanto il significato simbolico della nascita della luce, oltre che della Resurrezione di Cristo, ma anche un influsso fisico oggettivo ed energetico. È Cristo-luce che si manifesta nella parte più importante del tempio, l’abside che accoglie l’altare.
La chiesa cristiana, come scrive Sant’Agostino, è formata dalle pietre (i credenti) e dalle fondamenta (i profeti e gli apostoli). Essa rappresenta il corpo di Cristo sulla terra e, allora, vediamole queste pietre parlanti.
Due capitelli su pilastri ottagonali del sancta sanctorum raffigurano teste barbute stilizzate dall’espressione inquietante e sono in numero di tre (di grande valenza simbolica per i suoi significati esoterici e religiosi, la Trinità col triangolo della loro unione). Nella simbologia medievale la testa, insieme al cuore, era considerata la parte più importante del corpo, poiché sede della forza vitale, dell’anima e del suo potere. Denotante saggezza, controllo, dominio, per il Cristianesimo è Cristo, la “Testa della Chiesa”. Ma se capovolgiamo queste teste, vedremo dei fiori con nello stelo foglie arrotolate, simbolo di attenzione, di affetto e di amore di Cristo verso l’umanità.
Negli altri due capitelli su pilastri ottagonali, sempre nel sancta sanctorum, nelle quattro facce è ripercorsa la nascita, la vita, la morte e la resurrezione di Cristo. Il soffio che aleggia in questi capitelli è quello che anima l’incontro dell’uomo con il sacro di cui il simbolo costituisce il ponte. Qui l’anima regna sovrana e comanda la natura, il Maestro d’Opera è riuscito a trasformare il tempo profano della materia nel tempo sacro dello Spirito che è al di là del tempo.
E allora, a nord nei capitelli è raffigurata la stella cometa con 8 punte, simbolo di perfezione e che indica proprio il polo nord celeste: è la nascita di Cristo; ad ovest c’è un fiore stilizzato a forma di croce con gemme agli angoli: è la vita di Cristo; a sud c’è una croce patente a braccia uguali: è la morte di Cristo; ad est, proprio dove sorge, c’è un sole stilizzato raggiato: è la Resurrezione di Cristo.
Passiamo sotto gli archi ogivali a sesto acuto: simbologie esoteriche e cristiane sottendono l’uso di questo arco ed è il numero 5 che è il Numero dell’Uomo nato dalla stella a cinque punte, è il numero sacro che dà origine al pentalfa, al pentacolo (l’iconografia cristiana utilizza la stella a cinque punte anche quale riferimento alle cinque ferite di Cristo crocifisso). Simboleggia anche l’uomo che si raddrizza, si mette in piedi sotto l’ogiva, e, più alta è essa, più egli tende verso il cielo. Il vertice della stella è rivolto in alto, simbolo di ascensione spirituale, opposta al pentacolo rivolto in basso, simbolo terreno e in cui si può inscrivere il volto del Caprone-Satana.
La pianta della chiesa è una perfetta croce latina, evidenziata dalle costolonature delle volte a crociera realizzate in corrispondenza delle campate che, nel loro insieme, danno forma alla croce. Nel “cuore” di questa croce, esattamente all’incrocio degli assi dei due bracci, verticale ed orizzontale, sta la chiave di lettura di tutto l’edificio progettato e costruito secondo le regole della “proporzione divina”, cioè, il numero phi 1,618, risultato del “rapporto aureo”
Questo numero, sorprendentemente presente nella natura vegetale e animale, fu dagli antichi associato alla creazione divina, considerato come il primo mattone dell’immensa costruzione dell’Universo. Il numero phi è presente in natura nel rapporto di crescita dei semi di girasole fra spirale e spirale; nella maniera in cui le foglie si dispongono sui rami; nel rapporto fra la larghezza della sezione di una spirale e la successiva, in una chiocciola; nei vortici degli uragani; nel rapporto fra il numero complessivo delle femmine e quello dei maschi di ape in un alveare; nel rapporto fra l’altezza totale e quella dai piedi all’ombelico di uomini e donne; fra la misura dalla spalla all’estremità delle dita e quella fra gomito e punta delle dita; fra distanza tra fianco e piedi e ginocchio e piedi. Il risultato è sempre quello della “proporzione divina”, il numero phi 1,618. Nella Badiazza il rapporto fra le due lunghezze portale-abside maggiore e portale-inizio del sancta sanctorum, metri 20,30:12,55, dà come risultato il numero phi 1,618, la “proporzione divina”.
Usciamo dal tempio attraverso il portale laterale: qui è raffigurato l’“Albero della vita” che Dio pose nel giardino dell’Eden, assieme all’”Albero della conoscenza del bene e del male”, da cui scaturì il peccato originale. Nella tradizione cristiana l’”Albero della vita” rappresenta simbolicamente la croce di Cristo.
E quando ci fermiamo davanti alla facciata, il grande triangolo della Trinità che unisce le tre finestre circolari ci riempie l’anima dello Spirito Divino, quello Spirito che Maestro d’Opera, apprendisti e compagni ci hanno voluto trasmettere oltre lo spazio e oltre il tempo.
“L’Opera e il tempo possono essere passati, ma lo spirito nel quale le opere sono state concepite continua a vivere” (Meister Eckhart, “Trattati e sermoni”, sec. XIV).
Nino Principato
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