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Amava Messina , questa città era la sua vita , e per essa diede tutto se stesso……..

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Francesco Maurolico..❤️

Amava Messina, questa città era la sua vita, e per essa diede tutto sé stesso anche come ministro del governo cittadino, il Maurolico fu infatti anche membro di quell’aulico senato messinese illustre in tutto il mondo. Uno dei più grandi figli di Messina, appunto, conosciuto dalle terre d’Americhe a quelle d’Europa come uno dei più grandi scienziati mondiali. Dotato di grande intuito, genio e visione matematica. Nacque in Messina il 17 settembre del 1494 da Antonio e Pinuccia, di origine greca, studiò in quell’aetas aurea scuola rinomata per tutte le vie italiche e straniere, del Maestro Costantino Lascaris, solenne professore di Letteratura Greca e Latina e insegnante anche del famoso umanista Pietro Bembo. Dicevamo, studiò fin da piccolo con l’eruditissimo Francesco Faraone ed ebbe inoltre come Maestro il proprio Padre spirituale, Iacopo Notense. Il Maurolico fu sommo latinista e matematico meraviglioso. Tenevansi perdute le opere di Archimede ed egli speculando sopra quegli argomenti seppe trovar il modo di rifarle e le pubblicò, tanto era l’ingegno ed il suo acume. Quando poi le opere di Archimede furono trovate in germania, i più grandi matematici europei si stupirono a notare come le due opere fossero per niente dissimili. Inoltre egli emendò con moltissima utilità della Scienza, i libri conici di Apollonio, ve ne aggiunse altri due, e in tre altri raccolse e commentò l’intera teoria dei coni. Scrisse anche un’opera sui Cilindri, e ristorò e corresse tutte le opere di Euclide, Menelao, Ausolico, Teodosio, Giornano, Ruggieri, Bacone, Persan e Boezio. Inventò anche alcuni strumenti e li descrisse spiegandone il modo di farli e adoperarli. Disegnò l’isola nostra, scrisse in volgare la vita di Gesù Cristo, compose un trattato sui pesci siciliani, ed altre opere sulle line orarie, sui momenti uguali e sui cinque corpi regolari. Così tanto lungi volarono la fama delle sue opere che da ogni parte d’Europa i più dotti personaggi lo consultavano o desideravano di conoscerlo personalmente. Ordinato sacerdote nel 1521 iniziò, nel 1528, con il patronato del Conte Giovanni Marullo di Condojanni, stratigò della città, l’insegnamento pubblico della prestigiosa cattedrà di Geometria. Una decina d’anni dopo vengono pubblicati a Messina, i “Grammaticorum, rudimentorum libelli sex”. Nel 1537 determina le misure per le fortezze intorno a Messina e disegna con il Ferramolino, il baluardo Boccadoro, cosiddetto dalla finintima chiesa di S.Giovanni Crisostomo. Nel 1540, l’incontro e l’instaurarsi di una solida amicizia con il nuovo stratigò Giovanni Ventimiglia, marchese di Geraci, segnò l’inizio di una serie di viaggi che gli permisero di conoscere e e frequentare ambienti fortemente stimolanti per i suoi studi ed i suoi scritti, insomma iniziò a frequentare tutti i salotti buoni e più importanti della Corte Vicereale, senza però, badate bene, farsi ammaliare ed adulare. Il Cardinale Farnese, nipote del Pontefice Paolo III, con ogni premura cercò di averlo a Roma per insegnare in quell’Ateneo, nella città papale e imperiale conobbe inoltre il Cardinale Cervini, il futuro Papà Marcello II, precettore dei fratelli Farnese e celebre collezionista di codici greci sennonché protettore di matematici. Ed è proprio grazie a quest’ultima figura di spicco che Francesco stringe amicizia con il matematico urbinate Federico Commandino. Ma Francesco umilissimo seppe resistere ad ogni seduzione tanto più che il Senato Messinese, di cui ne faceva parte, gli aveva conferito la cattedra di Matematica nel nostro non meno prestigioso Ateneo, con cospicuo stipendio. Fu cercato dai Padri Gesuiti e dallo stesso fondatore Ignatio di Loyola che lo volle fortemente per il suo Primo Istituto pubblico superiore(in tutta Europa, riflettete messinesi) datato 1548, Il Collegium Primum ac prototypum- Studiorum Urbis. Seppe dunque resistere alle sirene straniere per l’amore enorme e viscerale nei confronti della sua città. Erano troppo gravosi gli impegni con il governo di cui ne faceva parte e lui, doveva e voleva controllare ogni cosa per il bene della sua città, affinché Messina non subisse soprusi né dal governo spagnolo e né da quello Siciliano, geloso ormai del prestigio e della fama di Messina nel mondo. Lui si sentiva un messanensis verace e sapeva che la sua città aveva un immenso bisogno di lui. Abbandona infatti anche lo scambio epistolare con il Bembo pur di gettare anima e cuore alle cose di Messina, anche a rischio di restare in un più ristretto anonimato, ma si sà per lui veniva prima la collettività messinese e solo dopo la fama. Attorno al 1550, Giovanni Ventimiglia gli conferisce il titolo di Abate di S.Maria del Parto a Castelbuono, e prende l’abito benedettino. Due anni dopo vengono pubblicate alcune sue Rime, nello stesso anno viene consacrato a Messina come Abate di S.Maria del Parto. Nel 1556, escono a Venezia i “Gesta Apostolorum et Sanctorum” e una ristampa da lui curata sul libro “De Vita Christi eiusque matris” di Matteo Caldo. La sua fama cresceva sempre più e nell’anno ’62 del secolo XVI venne invitato al Concilio di Trento, ma con molto rammarico non riuscì a raggiungere quei luoghi a causa del suo non perfetto stato di salute, ma era troppo forte la sua voglia di lasciare il segno e di dare un piccolo contributo ad un evento così importante per la Storia della Chiesa di Roma, che scrisse una lunga lettera con esposizione delle sue personali convinzioni sui grandi problemi teologici e politici di quel tempo. Questa importantissima lettera spedita ai Padri del Concilio fu pubblicata a Messina in sei libri con il titolo “Sicanarium rerum compendium” Altro titolo importante gli venne dai Giurati Messinese che lo insignirono di un’altra carica, lo nominarono infatti LETTORE DI MATEMATICHE NELL’UNIVERSITA’ DI MESSINA. Ma fu anche l’artefice di un’opera non meno importante per la cristianità dell’epoca, infatti in qualità di esperto, nei preparativi della Sacra Lega del 1571 che, al comando di Don Giovanni d’Austria, si accingeva a combattere a Lepanto, il Maurolico diede al nuovo imperatore figlio di Carlo V delle speciali carte nautiche per raggiungere Lepanto e non pochi consigli in merito alla condotta da tenere nella navigazione in rapporto ai fattori metereologici. Il sacerdote-politico messinese sarebbe stato, pensate, ringraziato e salutato pubblicamente dal condottiero, al ritorno dell’impresa, quale uno degli artefici della vittoria contro i turchi. Nell’anno seguente il sacerdote-matematico-umanista scoprì per primo una stella nuova della Costellazione Cassiopea. Più di un centinaio sono dunque le opere mauroliciane conosciute, tra le più importanti ricordiamo ancora una volta la COSMOGRAPHIA, in forma dialogica(1543), il CORPUS, di scritti greci(Teodosio, Autolico, Menelao) sulla geometria della sfera, gli OPUSCULA MATHEMATICA e gli ARITHMETICORUM LIBRI DUO, impressi a Venezia(1575), i PROBLEMATA MECHANICA dello Pseudo Aristotele, ADMIRANDI ARCHIMEDIS SYRACUSANI MONUMENTA OMNI MATHEMATICA, ilMARTIROLOGIO, un testo elementare di GRAMMATICA(1528) ed il SICANARIUM RERUM COMPENDIUM(1562). Ricordiamo infine che fu il continuatore ed il restauratore della più grande macchina votiva mondiale, La Vara, insieme all’architetto Radese che diede il via Alla Festa in Onore di Carlo V. Inoltre si devono a questo grande uomo molte delle fortificazioni e dei baluardi che cingevano la nostra città. Morì il 25 luglio del 1575 a 81 anni nel villaggio dell’Annunziata, adesso pieno centro città, dove si era ritirato nel maggio precedente quando si erano rilevati i primi sintomi di una pestilenza. Fu sepolto nella gloriosa Chiesa dei Martiri di S.Giovanni di Malta, accanto alla Villetta Mazzini. Tomba visitabile ancora oggi. Sulla sua tomba, nella chiesa di S. Giovanni di Malta in Messina si legge, in lingua latina:

Giovanni Majolino


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Alessandro Sidoti

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