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Folletti siculi ( U fuddittu )…

Il Folletto siciliano presenta degli aspetti bizzarri davvero molto speciali, si diverte infatti a posarsi sul petto delle persone addormentate fino a quando non perdono il respiro,
Altra stranezza dei Folletti che, almeno secondo la tradizione popolare, abitano la nostra isola, è quella di portare un cappellino rosso, ornamento che non sono mai disposti a cedere per nessun motivo.
Il classico cappellino rappresenta anche il loro punto debole, basta infatti riuscire a sottrarglielo, o meglio ancora a distruggerlo, per fargli perdere tutta la sua allegria e la sua voglia di tirare cattivi scherzi alle persone.
I Folletti siciliani ricordano molto da vicino le antiche tradizioni nordiche, soprattutto quando si pensa alle figure degli Gnomi che popolavano le foreste germaniche.

Le creature più conosciute in Sicilia sono: Birritteddu Russu, una specie di folletto che si diverte ad apparire durante la notte per indicare a chi lo incontra il luogo nel quale giace sepolto un antico tesoro ma dove poi, l’ignaro che gli ha dato ascolto, troverà soltanto carbone e lumache.
Il suo punto debole è proprio il berretto, basterà sottrarglielo perchè lui, pur di riaverlo, indichi il vero luogo dove fù nascosto il tesoro.

I Fatuzzi, invece secondo una antichissima leggenda siciliana, sarebbero degli spiriti a volte benigni, altre malefici; puniti anticamente da Gesù Cristo quando venne su questa terra, perché volevano essere uguali a lui; fu proprio San Michele Arcangelo che alzò su loro la sua spada cacciandoli dal paradiso.
Si tratta di una specie di gnomi alquanto strani, che sono soliti nascondersi sotto una tegola che si portano sempre dietro le spalle; a volte assumono le sembianze di fantasmi dagli abiti monacali.
Anche questi si possono paragonare agli Elfi delle credenze nordiche, che sarebbero angeli caduti dal paradiso i quali vagano per aria incerti del loro destino.

I Munacheddi assumono invece la figura di un piccolo frate, ma a differenza di quelli che infestano la città di Napoli, e che hanno la tonaca di color caffè, la loro tonaca è rossa, così come il berretto.
Si tratta di una creatura molto capricciosa, che passa il proprio tempo rubando denaro agli uomini, anche se a volte si affeziona a qualche famiglia e, grazie alle sue ruberie, la rende enormemente ricca.
A Catania il folletto si chiama scauzzo. Si racconta in quella città che una notte apparve ad una signora nella sua camera, e fra una luce abbagliante si accostò al suo letto offrendole una tazza di caffè. Egli cercò d’indurla ad accettarla, promettendo di darle molta ricchezza, se avesse bevuto il caffè.
La signora, spaventata, guardava il folletto senz’acconsentire alla sua richiesta; in quel momento si udì un rumore di passi, e lo scauzzo scomparve; la casa di via mulini a vento fu abbandonata dai suoi abitanti che temevano il folletto, ed è guardata ancora adesso con paura dal volgo.

Altro folletto della Sicilia è il nfullettu, fuddettu, fudditto, spirito nfuletto. Il popolo crede che sia un buon diavoletto, il quale non fu precipitato nell’abisso come angelo ribelle. Secondo una certa tradizione, sarebbe condannato a vagare nell’aria, ma generalmente vive nelle case, e non è dissimile dai suoi fratelli. «Bizzarro, spiritoso, capriccioso, si diverte a far perdere la pazienza a una devota che recita il Rosario, interrompendola con chiamate indiscrete; a una signora che non trova mentre si veste un oggetto pur testè preparato; a una massaia che corre ad aprire l’uscio per il campanello che ha sentito suonare, a far smarrire la strada ad un viandante, ad un’intera famiglia, la più pacifica di questo mondo. Sembra insofferente della quiete, si muove, si agita, cammina, corre, vola, saltella, ride sgangheratamente e ride di aver riso.
Protrae l’eco d’un canto, e lo guasta con note sguaiate; sussurra parole intelligibili, ma se parla, balbetta e non sa pronunziare la r;

Alcuni scrittori raccontano che a Trapani, nel 1585, vi fu una casa infestata per qualche tempo da un folletto, che non si lasciava vedere ma faceva sentire la sua voce e dava molestia agli abitanti. Gettava grosse pietre senza colpire nessuno, scherzava con le stoviglie senza romperle, e cantava mentre un giovinetto suonava la chitarra. Un giorno, essendo uscito il padrone con la moglie per andare in un suo podere, fu accompagnato dallo spiritello. Tornando a casa vennero sorpresi dalla pioggia, ed il folletto, precedendo i suoi compagni, corse ad avvertire le persone che erano in casa, affinché accendessero il fuoco perché i padroni erano bagnati.

Il folletto siciliano ha il suo cappidduzzu, che tiene sempre in testa, e se gli è rubato da qualcuno, è subito pronto a indicare, per riaverlo, il luogo dove si trovi un tesoro.
A Nicosia si crede che per non essere molestati dal folletto si debba tenere sotto il letto un ramo d’alloro! Il folletto siciliano si chiama anche farfareddu, benché non sia proprio cattivo come il demonio Farfarello, che Dante incontrò nella triste bolgia dei barattieri. E si deve ricordare la distinzione fatta spesso tra i demoni ed i folletti, e ricordata anche da Luigi Pulci quando disse:

Uno spirto chiamato è Astarotte
Molto savio, terribil, molto fero,
Questo si sta giù nell’infernal grotta:
Non è spirto folletto, egli è più nero…

Grazie a Giovanni Majolino


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