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A 113 anni dalla tragedia.
Questa istantanea fissa l’immagine di un soldato che, durante il suo servizio di vigilanza prestato sulla via Garibaldi, rimane fermo con lo sguardo rivolto all’insegna pubblicitaria della nota orologeria “Mortellaro”, sita nell’isola 9 della Palazzata tra via San Giacomo e via Pianellari. Su questa insegna, che indica l’esclusiva vendita del prestigioso marchio “Zenith”, si nota bene come il grosso orologio è rimasto fermo, scosso dal movimento tellurico, con le lancette posizionate sulle ore 05,21, esattamente all’ora della tragedia. Siamo di fronte quasi ad un fermo immagine emblematico della battuta d’arresto subita dalla città all’alba di quel lontano 28 dicembre del 1908. Non possiamo non rilevare che con la perdita di tante migliaia di vite umane, la scomparsa di una enorme parte del patrimonio architettonico e culturale, nonché con il contestuale e successivo esodo di tanti sopravvissuti, venne di fatto reciso il legame tra la nuova città, comunque risorta “dov’era” a furor di popolo, e la sua storia, le sue radici e le originarie vocazioni, profondamente legate alla meravigliosa realtà della posizione sul mare e al suo meraviglioso porto naturale. A questa frattura corrispose la trasformazione, lenta ma inesorabile, da prestigioso emporio marittimo e commerciale, crocevia di scambi internazionali, anche se avviato verso una fase di lenta decadenza, poiché tutte quelle condizioni che l’avevano favorito si stavano progressivamente modificando, a centro economico e sociale orientato prevalentemente sul settore terziario, all’intermediazione finanziaria e immobiliare che vedeva protagoniste principali tutte le professionalità ad esso rapportate. Ciò ha connotato per lungo tempo l’immagine di una città dimessa, scarsamente dinamica e competitiva, in perenne attesa dell’intervento statale e, forse, ancora oggi, alla ricerca di una definita identità.

Michele Orlando


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