PANCRAZIO DE PASQUALE E AURELIO SAMPERI, DUE GRANDI COMUNISTI E UN GRAVE SCEMPIO CULTURALE A MESSINA
LA VERA STORIA DELLA DEMOLIZIONE DEL COLLEGIO DEI GESUITI A PIAZZA CAIROLI COME NON VE L’HANNO MAI RACCONTATA
Nel 1922 si dava inizio alla costruzione del monumentale Collegio dei Padri Gesuiti con annessa chiesa dedicata a Santa Maria della Scala in piazza Cairoli. A progettarlo era stato il grande architetto palermitano Antonio Zanca progettista, a Messina, anche del Palazzo Municipale. In stile arabo-siculo del periodo normanno con ingresso alla chiesa da via Dogali, il complesso venne completato e benedetto il 29 giugno 1933. Superò indenne i massicci bombardamenti del 1943 durante il Secondo conflitto mondiale ma, purtroppo, dovette capitolare alle ruspe della speculazione edilizia nell’aprile del 1975 sostituito dalla Standa, prima, e dall’Oviesse, oggi. La storia che segue è desunta dalla trascrizione delle pagine de “il soldo settimanale utile”, testata cui mi onoro di aver collaborato sin dai primi numeri a partire dal 1976.
“Il 26 novembre del 1974 fu un grande giorno per la speculazione edilizia nella nostra città: con una delibera consiliare (la 2.500/C) l’amministrazione comunale, retta dall’ing. Merlino, anticipando i doni natalizi, aveva triplicato l’indice di fabbricabilità in buona parte del territorio del vecchio P.R. Borzì, portandolo dai sette metri cubi, consentiti dal programma di fabbricazione, a ventuno metri cubi per metro quadrato.” (“il soldo”, anno I n.21, 12 settembre 1976).
“Un velo di mestizia calava sul volto dei passanti che assistevano, attoniti, alla demolizione del palazzo dei Gesuiti a piazza Cairoli […] Cercheremo di raccontare la storia di questo mancato intervento degli enti pubblici, delle connivenze e degli interessi che lo hanno evitato, sempre con lo stupore e l’amarezza che prova chi narra delle storie che sembra impossibile siano avvenute sotto i nostri occhi e forse con il nostro complice silenzio e con la rabbia di chi vede questa città borghese nel senso più deleterio della parola, incolta malgrado la presenza di una mastodontica università, ignorante sulla realtà del suo tempo, nemica della cultura, delle novità ed anonima perché incapace di fare rispettare la sua storia ed il suo passato. Avviene quindi che i gesuiti, proprietari del fabbricato di piazza Cairoli, decidano, per risolvere una situazione debitoria, di alienare scuola e chiesa […] Si fecero avanti privati ed enti pubblici; da parte dei venditori si sarebbe preferito trattare con l’ente, il quale avrebbe sicuramente trasformato l’esistente ma mai demolito chiesa e scuola. Due furono gli enti che trattarono: l’Università ed il Comune. Per l’Università…sarebbe stato un buon affare potere concentrare, ed al centro della città, una serie di servizi evitando agli studenti lunghi e costosi spostamenti, ma la proposta di acquisto venne bocciata dal Consiglio di Amministrazione di quell’ente; chi fu uno dei più convincenti portatori della tesi della scarsa convenienza all’acquisto? l’ing. Giuseppe Merlino, sindaco a quell’epoca della città e quindi componente del consiglio di amministrazione dell’Università […] Merlino, con la sua abilità di tecnico e di consumato politico sconsigliò l’acquisto, e poi ebbe la spudoratezza di mentire in consiglio comunale in occasione di un dibattito sull’argomento, affermando che egli aveva consigliato l’Università di intervenire per evitare che il Sant’Ignazio cadesse nelle mani della speculazione privata. In aula il Sindaco venne sbugiardato dall’on. PANCRAZIO DE PASQUALE del PCI il quale lesse il resoconto dell’intervento di Merlino al Consiglio di Amministrazione di ben altra natura rispetto alle dichiarazioni; sarebbe bastato questo espisodio per comprendere come sotto ci fosse del losco e come Merlino non si sarebbe prestato alla misera figura che fece davanti al consiglio comunale se non avesse avuto alle spalle protezioni ed assicurazioni! Chiuso il capitolo Università la trattativa proseguì con il Comune; può sembrare strano che un Comune disastrato come quello di Messina potesse trattare acquisti di tale entità, ma il Comune aveva delle disponibilità provenienti dalla vendita di spezzoni di terreno (per lo più vecchie strade) a completamento di comparti nel piano Borzì ed aveva l’obbligo di acquistare immobili o accantonare le cifre in buoni del tesoro. La trattativa con il Comune proseguì in un alternarsi di rinvii e di appuntamenti, di lettere e memorie, di riunioni di giunta e di viaggi inutili dei preti, alla fine si pervenne alla riduzione del prezzo dagli originari un miliardo e settecentocinquanta milioni ad un miliardo e trecentocinquanta milioni. A questo punto il solito Merlino riunì i capigruppo consiliari e prospettò l’acquisto, facendo però presente che, a parere dell’amministrazione comunale, era più opportuno, con le magre risorse, procedere alla demolizione ed alla ricostruzione dell’isolato 88, di proprietà comunale, anziché disperdere le disponibilità dell’ente in un ulteriore acquisto; i capigruppo concordarono con il Sindaco ma della demolizione e ricostruzione dell’isolato 88 non se ne parlò più: il risultato era raggiunto: via libera alla speculazione privata. Tolti di mezzo i due più pericolosi concorrenti si fece avanti l’ing. Franza […] che, a giudicare dagli acquisti effettuati negli ultimi anni, malgrado il costo del denaro non ha alcun problema di liquidità, concluse l’affare con i gesuiti, ormai con l’acqua alla gola, spuntando un prezzo di un miliardo e duecentocinquanta milioni, battendo così qualche altro ipotetico acquirente e dopo che l’ing. Merlino, amico di Gullotti, a sua volta cognato di Genovese, quest’ultimo socio di Franza, aveva eliminato i due enti interessati all’affare. Successivamente Franza concluse con la Standa (Montedison) un accordo per la costruzione sull’area dei Gesuiti di un magazzino Standa, ottenendo da quella società anche la anticipazione dei fondi per la costruzione, da scomputare sull’affitto annuo del bene; il destino dei gesuiti era segnato: giù scuola, giù chiesa, per erigere il monumento al consumismo; l’intervento del pretore Romano, le discussioni sul piano Borzì, la delibera comunale con il regalo a Franza di quattordici metri cubi per metro quadrato (sindaco l’ing. Merlino) sono avvenimenti ampiamente trattati in questo periodico […] Risultato, il palazzo Gullotti-Franza svetta con i suoi ventuno metri cubi per ogni metro quadrato, nemmeno ad Hong-Kong esistono queste porcherie. Messina bella, addio!” (“il soldo”, anno I n.24, 3 ottobre 1976).
AURELIO SAMPERI, un altro grande comunista, editore de “il soldo” diretto da Giovanni Carabellò, pubblicò una sua lettera aperta al Vescovo di Messina: “Eccellenza, chi scrive è un comunista, iscritto al partito ormai da moltissimi anni, ma non per questo ateo o miscredente. Ha, infatti, sempre creduto in Dio ed ha, soprattutto amato e venerato l’umanissima figura di Gesù. Da comunista e da cristiano è, inoltre, un ammiratore dell’abate Franzoni che, soffrendo, subisce la sua penosa sanzione, in perfetta canonica obbedienza – al contrario del vescovo “tradizionalista” Lefebrve che, sospeso a divinis, continua arrogantemente a celebrare. E come l’abate Franzoni, chi Le scrive è un emarginato dalla Chiesa. Benché l’abbia più volte chiesto gli è stato, infatti, sempre negato il Sacramento del matrimonio, adducendo a pretesto il suo impegno politico. Non è questa l’occasione per fare questioni di ordine teologico o morale sui rapporti fra fede e politica ma Le si vuole fare rilevare come, allo scrivente, di null’altro colpevole che di avere un ideale di giustizia e di uguaglianza, sia stata negata la grazia di un Sacramento. Nessuna sanzione canonica, neppure la disapprovazione morale, è stata, però, inflitta a coloro che distruggendo con tanta spregiudicatezza il tempio del Dio della Bibbia, comune a tre religioni, si apprestano ad edificare al suo posto, con le strutture di un supermercato, un tempio al Vello d’Oro del dio denaro.” (“il soldo”, anno I n. 23, 26 settembre 1976).
Non è superfluo sottolineare che questa lettera non ebbe mai alcuna risposta.
Nino Principato
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