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NEL DEGRADO E NELL’ABBANDONO PIÙ VERGOGNOSO L’EX COLONIA MONTANA “PRINCIPE DI PIEMONTE” NELLA FORESTA DI CAMARO VOLUTA DAL FASCISMO

In un desolato e freddo paesaggio bruegeliano, nel silenzio di morte che sovrasta come una cappa opprimente lo stesso luogo che risuonò delle grida argentine e delle risate felici di bambini anni Trenta e Quaranta, oggi muto ed immemore testimone di giochi spensierati e di sani esercizi ginnici a contatto della natura, che pur si intrecciarono tra fitti e salubri boschi, i ruderi della Colonia Montana “Principe di Piemonte” mostrano le loro vuote e lugubri occhiaie mentre le sole pareti superstiti, come tragici moncherini da conflitto atomico, perpetuano ancora la loro indesiderata presenza per ricordare, con le drammatiche sensazioni che solo le cose morte riescono a suscitare, il fallimento a tutto campo di una città che osa ancora dichiararsi civile lasciando perire nell’abbandono e nel degrado più vergognoso, anche le storiche strutture che potrebbero esercitare, come una volta, le funzioni per le quali erano state create.
La Colonia Montana “Principe di Piemonte” (la cui prima pietra venne posta il 28 ottobre 1931) sorse nel 1932 all’ingresso della foresta di Camaro, in prossimità della strada militare verso Dinnammare che lascia, a destra, Puntal Ferraro. L’iniziativa fu del dott. Giuseppe Catalano, segretario della Federazione Provinciale Fascista, con lo scopo di dotare la magnifica pineta di una “[…] moderna installazione per le cure montane dei fanciulli, in padiglioni murari arredati secondo le prescrizioni sanitarie moderne”. Era implicita anche l’utilizzazione turistica della località tenuto conto che la foresta del Camaro è, o era, una delle più belle e più ampie pinete d’Italia.
Una Foresta antichissima, se si pensa che sul limitare ad ovest esistono ancora i resti della cosiddetta “Casa del Re”, echeggianti antichi fasti di regnanti, forse aragonesi, qui impegnati in appassionanti battute di caccia. Ma, il massiccio ed insensato disboscamento per favorire l’agricoltura e la pastorizia, trasformò la Foresta – già appartenuta nel secolo XII ai monaci Basiliani del SS. Salvatore dei Greci – in pascolo: ciò fu causa di micidiali alluvioni il 14 novembre 1823, 13 novembre 1855 e 16 novembre 1863. Per tale motivo, il rimboschimento divenne obbligatorio, per legge, nel 1874: nasceva così l’attuale “pineta di Camaro”.
Negli anni Cinquanta vi si accedeva da un cancello che si apriva sulla strada militare, a un paio di chilometri dal Colle Sarrizzo; oppure risalendo il torrente Badiazza per giungere, attraverso un suggestivo sentiero che ha inizio dall’omonima chiesa di epoca sveva, alle “Quattro Strade”.
La fu Colonia Montana “Principe di Piemonte” oggi non interessa più a nessuno, nemmeno alla Soprintendenza ai Beni Culturali nonostante siano trascorsi i cinquant’anni dalla sua costruzione. Non parliamo, poi, di proporne il restauro e la restituzione alla sua originaria destinazione: verrei subito tacciato di essere solo un povero mentecatto che, con scarsissimo senso pratico e fuori da ogni logica, pretende di far recuperare “cose vecchie” che rappresentano, invece, una macchia infamante per questa bella città, quindi, da far sparire al più presto possibile.
Ultimo ma non ultimo, sarei accusato di essere il fascista Nino Principato: eccolo il fascista che vuole far tornare in vita un’istituzione voluta dal Fascismo e giù, l’ennesima lettera indignata da parte dei 15 consiglieri comunali che vogliono la mia testa e invocano la mia espulsione, col marchio d’infamia, dal CdA del Teatro “Vittorio Emanuele”.

Nino Principato

(foto tratte dal profilo Facebook “Ricerche nel Val Demone”)


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One response

  1. Tu continua Nino, la tua restimonianza e’ sempre preziosa. E lascia dire..

    Cosa importa chi l’ha fatto costruire? Importa chi l’ha fatta perdere e non per un antifascimo fuori luogo, ma per strafottenza e disamore verso la citta’.

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