MESSINA CHE SCOMPARE
Il borgo ottocentesco di via Fonderia
Un intero borgo preterremoto rischia di scomparire per sempre: si tratta dell’interessante brano di tessuto urbano con tipologie edilizie residenziali ottocentesche che gravita sulla via Fonderia, a monte di piazza San Vincenzo. Se non si provvede con un adeguato piano di recupero e di riqualificazione urbana, assisteremo quanto prima all’ennesimo e vergognoso scempio delle ruspe sul filone di quelli che in questi ultimi tempi (vedi palazzo “Colapesce” in via La Farina) vengono perpetrati ai danni delle ultime testimonianze architettoniche monumentali rimasti in città. Non ci passa neanche lontanamente per la testa che si sta facendo di tutto per negare al turista le uniche cose che in realtà egli cerca: cultura, paesaggio e ambiente, tre risorse che si stanno poco a poco stolidamente distruggendo e manomettendo irreversibilmente, con presunzione, arroganza e quel che è più grave, a volte con l’avallo e la compiacenza degli enti pubblici, per consentire alla speculazione edilizia privata (vedi casermone edilizio incombente, a ridosso, sulla chiesa di Santa Maria di Grotta nella riviera nord) e a certe infelici scelte ubicazionali di attrezzature ed opere pubbliche, la cementificazione del territorio e lo sconvolgimento di secolari ambienti naturali (vedi il caso del “Tirone”). Dagli edifici del borgo ottocentesco di via Fonderia o dagli altri palazzi situati in varie parti della città si può ricostruire fedelmente il tipo edilizio di casa familiare del ceto medio messinese. Una casa ottocentesca del ceto medio si sviluppa su due o tre elevazioni fuori terra: il pianoterra è occupato da botteghe a conduzione familiare, depositi o anche stalle e siccome è forte desiderio dell’artigiano o del piccolo negoziante di realizzare il connubio “casa-lavoro” (“casa e putia”), viene ricavato il cosiddetto “mezzanino” o piano ammezzato destinato all’abitazione, di bassa altezza (generalmente m. 2,40) e collegato al piano terra tramite scala in legno interna ad unica rampa.Nelle tipologie a tre elevazioni fuori terra, il terzo piano è riservato alla classe medio-borghese e per potervi accedere si rende necessario l’inserimento dell’androne con grande apertura ad arco e scala rampante che si eleva generalmente fino a comprendere in altezza il piano terra e quello ammezzato, così come avviene, appunto, nel borgo di via Fonderia. Le abitazioni di questo piano, non a caso denominato “piano nobile”, sono più evolute di quelle sottostanti e assumono la denominazione di “quarti” o “quartini”. Carenti in ogni caso, se non assenti del tutto, sono i servizi igienici frequentemente ricavati alla meno peggio con parziale chiusura dei balconi verso i cortili interni.
Testimonianze rare e perciò preziose, dunque, per la storia urbana della città precedente al sisma del 1908, ancora oggi in grado di esercitare tutto il loro fascino delle cose antiche, nonostante il grave stato di degrado e abbandono nel quale sono costrette a sopravvivere.
Grazie a
Nino Principato
(Le foto sono di Lino Soraci)
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