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La Scuola siciliana (detta anche Scuola poetica siciliana) fu un movimento letterario sorto in Sicilia (e più in generale nell’Italia meridionale) all’incirca tra il 1220 e il 1266 presso la corte siciliana dell’imperatore Federico II di Svevia. La poesia della Scuola siciliana, che ebbe la sua massima fioritura nel secondo quarto del XIII secolo (tra il 1230 e il 1250), costituisce la prima produzione lirica in un volgare italiano di cui abbiamo ampia testimonianza (di altre produzioni liriche in volgare, probabilmente precedenti ai Siciliani e riconducibili ad altre zone d’Italia, si hanno solo pochi frammenti, come nel caso della canzone Quando eu stava in le tu’ cathene).
Il Cancelliere Aulico alla corte del mecenate Federico II, Re di Sicilia, a palazzo della Favara con letterati, artisti e studiosi siciliani.
La poesia dei Siciliani si ispirava direttamente alla lirica amorosa dei trovatori provenzali, basata sul concetto di amor cortese (o fin’amor), tuttavia si distingueva da quest’ultima per alcuni aspetti specifici e innovativi. Non fu una scuola nel senso vero e proprio, ma si trattò piuttosto di un gruppo di funzionari laici del regno che iniziò a fare poesia in modo dilettantistico, condividendo una lingua (il siciliano aulico) e una ideologia comuni.

Storia..
Certamente la poesia della Scuola siciliana prende le mosse dall’imitazione della poesia dei trovatori (le fonti, le imitazioni, le traduzioni, i calchi sono innumerevoli).[3] Questi ultimi, dopo la diaspora avvenuta all’inizio del XIII secolo, a causa della crociata contro gli albigesi, si spostarono dalla Francia meridionale in Spagna e in Italia settentrionale. Ma non è stato ancora del tutto chiarito il modo in cui i Siciliani entrarono in contatto con la poesia dei trovatori. Infatti, non esiste nessuna prova della presenza di trovatori in Sicilia alla corte di Federico II, e anzi, l’imperatore tenne volutamente a distanza dalla sua corte i trovatori, mal sopportando il tono talora adulatorio e talora violento nei suoi confronti. Sono moltissime le poesie trobadoriche relative a Federico II,[4] ma nessuna prova con certezza la presenza di trovatori in Sicilia. Secondo Gianfelice Peron, Guilhem Figueira è l’unico trovatore che potrebbe aver soggiornato presso la corte di Federico II [5], ma la sua tesi, basata su alcuni dati interni ai testi del trovatore, non è sostenuta da nessuna prova extratestuale. Tuttavia, alcuni trovatori come Giraut de Borneil e Raimbaut de Vaqueiras soggiornarono in Sicilia prima dell’ascesa al trono di Federico II. Può darsi, quindi, che alcuni trovatori abbiano animato la corte normanna già ai tempi di Guglielmo II (ma di questa possibilità non abbiamo prove certe). Questa tesi era già sostenuta da Francesco de Sanctis e ribadita da Antonio De Stefano, secondo cui «è probabile che alla corte di Guglielmo II, dove, come diceva Iacopo della Lana, “si trovava d’ogni perfezione gente” e dove “erano li buoni dicitori in rima, e quivi erano li excellentissimi cantatori” si trovassero anche trovadori di Provenza, come è verisimile, benché nessuna testimonianza ce l’attesti, vi si trovassero anche rimatori italiani e siciliani. Ma nessuna traccia c’è rimasta della loro attività poetica in Sicilia e molto meno di un influsso esercitato dai trovatori sui poeti dell’isola».
Comunque, pur non avendo prove documentarie, è possibile ipotizzare che alcuni trovatori frequentarono la corte di Federico II. Se così non fosse, il contatto fra Siciliani e trovatori potrebbe essere avvenuto anche nell’Italia settentrionale, dal momento che la corte federiciana era una corte itinerante che aveva rapporti con vari signori del nord italia e visto che i poeti siciliani erano gli stessi funzionari di questa corte. Naturalmente, al di là dei possibili rapporti diretti, i Siciliani hanno certamente conosciuto la poesia dei trovatori anche attraverso i libri, molti dei quali dovevano essere giunti in Sicilia. Infatti, i riferimenti molto precisi e addirittura alcune fedeli traduzioni di testi provenzali presuppongono sicuramente una fonte scritta alla base.
Una suggestiva ipotesi formulata da Aurelio Roncaglia vedeva nel canzoniere provenzale T (contenente varie poesie trobadoriche) il punto di contatto fra trovatori e poeti siciliani. Questo manoscritto, infatti, contiene in attestazione unica due strofe della canzone del trovatore Folchetto di Marsiglia A vos midontç voill retrair’en cantan fedelmente tradotta dal poeta siciliano Giacomo da Lentini nella sua canzone Madonna dir vo voglio. Secondo Roncaglia un canzoniere antecedente o collaterale di T, ma molto più antico e contenente anche il componimento di Folchetto di Marsiglia, sarebbe arrivato in Sicilia all’inizio degli anni trenta del XIII secolo per intermediazione di Alberico da Romano, fratello di Ezzelino (signore della Marca Trevigiana) che allora era alleato di Federico II e anch’egli protettore dei trovatori. Questa coincidenza sembrava molto importante poiché non si faceva risalire l’inizio della Scuola siciliana prima del 1233 (ma oggi si anticipa almeno agli anni ’20) e proprio tra il 1231 e il 1232 si rafforzò, attraverso vari incontri, l’alleanza tra Federico II e i due fratelli da Romano. In una di queste occasioni, questi ultimi avrebbero donato all’imperatore il canzoniere che diede inizio all’attività della Scuola. Tuttavia, questa ipotesi, seppur interessante, risulta oggi superata in quanto è improbabile che un solo manoscritto abbia influenzato in modo così profondo la poesia siciliana, le cui fonti devono essere state innumerevoli.

Grazie a Giovanni Majolino


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