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Messina, quando la litoranea era il regno di ville e nobiltà…
Quegli otto chilometri stretti tra mare e colline, un tempo disseminati di residenze nobiliari, tra stile liberty e ospiti illustri come il Kaiser Guglielmo II, oggi circondate dal cemento. O demolite per far posto a condomini.
MESSINA. Otto chilometri di colline chiuse da due strade, la via consolare Pompea e la Panoramica dello Stretto. Otto chilometri di litorale con una coerenza storica e urbanistica spazzate via dalle nuove edificazioni. Perché il rapporto tra le case dei pescatori e del popolo, che si affacciano lungo la riviera, e le ville padronali, a mezza collina, da qualche anno non ci sono più, affogato dal cemento delle lottizzazioni determinate dalla variante al piano regolatore generale del 2002.
La storia urbanistica della zona nord di Messina, coerente dal Settecento fino a dopo il terremoto del 1908, è cambiata. E i danni già fatti nel passato, come la costruzione di alcuni complessi tra fine anni ’70 e metà degli anni ’80, sono niente al confronto di ciò che è accaduto negli ultimi quindici anni. Una rivoluzione in grado di azzerare totalmente il senso dei toponimi esistenti.
Come Paradiso, il primo villaggio che si incontra percorrendo la via Consolare Pompea in direzione Ganzirri. La sua denominazione nascerebbe, secondo alcuni fonti, da un podere acquistato dal cavaliere Don Raimondo Marquett che lì edificò una villa sontuosa, talmente bella da essere definita “paradiso”, al cui interno si conservavano collezioni degne di una wunderkammer. Secondo altri, il termine discenderebbe da un oratorio esistente nella zona e dedicato alla Madonna del Paradiso. Il villaggio, dove tutt’ora esistono la zona delle cosiddette “case basse”, anch’esse più volte minacciate da appetiti dei privati, conobbe un primo duro colpo dopo la seconda guerra mondiale, quando Villa Costarelli, detta anche “Villa Luce” ed edificata nell’Ottocento su progetto dell’architetto Leone Savoia, venne spazzata via per far posto, nei suoi grandi giardini, a un esclusivo complesso residenziale all’epoca quasi fuori città.


Percorrendo la Consolare Pompea, fino a Ganzirri, cambia il toponimo, ma non cambia l’assetto urbanistico. Lungo la strada, edifici a un piano con ammezzato, le cui porte sono in pietra di Siracusa, e in collina un interessante repertorio dell’architettura eclettica succesiva al terremoto del 1908. Villa Paradiso, Villa Cardillo (in stile neomedievale e all’interno della quale sembra siano murati alcuni resti della Cattedrale non utilizzati nella ricostruzione successiva al sisma), le due ville Savoja (la prima in posizione scenografica, la seconda con elementi liberty), villa Florio. Quest’ultima, attribuita a Ernesto Basile costituisce uno dei pochi esempi di liberty puro in città.


Villa Pace:
Quindi si arriva nel complesso di Villa Pace, oggi proprietà dell’Università ma in passato dimora di importanti personaggi legati alla storia socio-politica della città, come il Kaiser Guglielmo II. Si tratta dell’insieme di palazzine eterogenee, e in stile eclettico, fatte costruire all’interno di un parco (vincolato dalla soprintendenza) da Robert Sanderson nel 1877 come dimora personale, che Franz von Wantoch Rekowski, segretario al Consolato di Germania e fidanzato con Luisa Leila, primogenita di Sanderson, definì “il luogo dell’anima”. la villa fu poi acquistata dalla famiglia Bosurgi, che fu tra le più ricche di Messina e permise l’espansione dell’industria di trasformazione agrumaria peloritana in tutto il mondo. Il passaggio da Pace a Sant’Agata è caratterizzato dalla cesura costituita dalla chiesa di Santa Maria della Grotta, ricostruita più o meno tale e quale rispetto a quella precedente e seicentesca (attribuita non concordemente a Simone Gullì) e crollata nel 1908.
Villa Martines:
A Sant’Agata, un’altra serie di ville caratterizza l’intero villaggio, più distante dal mare rispetto ai precedenti. Tra le più rilevanti, villa Martines, costruita all’indomani del 1908. Si tratta di un altro esempio di liberty puro (con riferimenti orientali), che ha come punti di forza il cancello in ferro battuto dell’ingresso e le maioliche dipinte che decorano i due timpani della costruzione. Segue Villa Garnier, il cui elemento più interessante sono i pilastri in pietra all’ingresso, che risalgono a prima del terremoto e costituiscono un altro esempio di art noveau. Per ultimo, in stile eclettico, villa Flachi, con richiami moreschi, e villa Basile, concepita da Francesco Valenti come un castello di epoca medievale.

Tratto da Letteraemme


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