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Storie di “siccia” in Sicilia…

La seppia è un cefalopode

presente nel Mediterraneo molto diffuso sulle coste siciliane.
Vive sui fondali sabbiosi o fangosi oppure fra le praterie di Posidonia, da pochi metri fino a quasi 200 m di profondità.

La seppia era un animale sacro per il culto di Afrodite .
Come noi esseri umani, anche i pesci hanno qualche difficoltà ad aguzzare la vista sott’acqua è molto difficile, infatti, per l’occhio, mettere a fuoco le immagini captate quando l’ambiente esterno ha la stessa densità di quello interno all’organo.
Ma la seppia non ha questo problema, un vero e proprio “falco” del mondo sottomarino. Questo animale ha infatti sviluppato la capacità di visualizzare in modo cristallino anche sott’acqua, e per questo funge da modello per gli scienziati per lo sviluppo di lenti e altri dispositivi ottici.



Una leggenda è legata agli occhi della seppia , si racconta che un giorno gli dei dell’Olimpo, capeggiati da Era, Apollo e Poseidone, si ribellarono a Zeus e lo legarono.
A salvare il Re degli Dei fu la nereide Teti, che chiamò il centimano (si aveva cento braccia) Briareo che lo salvò.
Zeus non si fidò più del fratello dio dei mari e mise a guardia dei suoi movimenti , un animale dalla vista aguzza capace di nascondersi abilmente , la seppia appunto , lo spione dei mari pronto a riferire dei movimenti e dei piani di Poseidone al padre degli dei.
Una delle caratteristiche principali della seppia è la infatti la sua incredibile capacità di mimetizzarsi con l’ambiente circostante, tanto da essere difficilmente localizzabile dai predatori se è immobile.

È un efficiente predatore notturno che si nutre principalmente di crostacei, piccoli pesci e molluschi e non sono rari i casi di cannibalismo se dovessero mancare le altre prede.
Dentro il mantello, dove è presente la conchiglia del mollusco nota volgarmente come “osso di seppia”, l’animale può riempirsi e svuotarsi d’acqua a proprio piacimento in maniera tale da cambiare livello di profondità.

Un tempo si trovavano spiaggiate le seppie delfinate, così chiamate perché decapitate dai delfini, che gustavano la testa ma ora il fenomeno non è più osservabile a causa della scarsità sia di delfini che di seppie.

Durante la riproduzione, se il maschio della seppia viene rifiutato o allontanato da altri maschi dominanti, esso tende ad accoppiarsi comunque assumendo la stessa colorazione della femmina, avvicinando quindi le stesse femmine senza destare sospetti nei maschi dominanti per fecondarle a sorpresa.

Depongono uova che formano caratteristici grappoli neri simili ad uva, chiamati “uva di mare”; i grappoli vengono attaccati a diversi substrati e dalle uova, dopo un periodo più o meno lungo in base della temperatura dell’acqua, nasce una seppiolina in miniatura che dopo circa sei mesi raggiunge un etto di peso.
Le seppioline vengono al mondo compiendo quell’atto istintivo che le contraddistingue e che le aiuterà poi tutta la vita: gettano il nero subito, istintivamente, per la prima volta.
Lo rifaranno per tutta la loro vita, ogni volta che sarà necessario emetterlo per creare una cortina “fumogena” che distrarrà il nemico.

Proprio il nero di seppia è stato ampiamente utilizzato nella storia dall’uomo , la sacca dove l’animale tiene il liquido è da sempre oggetto del desiderio umano ,
Soggetto a manipolazioni ed essiccazioni, il nero o bruno di seppia è un inchiostro direttamente solubile in ammoniaca, in grado di trasformarsi in una materia succosa e scorrevole adatta ad intingervi tanto il pennello di martora quanto la penna d’oca , per centinaia di anni l’inchiostro più usato.

L’uso più conosciuto in Sicilia però è sicuramente quello di ingrediente per fare la famosa pasta “co niuru de sicci” .
I componenti principali del nero sono melanina e muco. Può contenere anche, tra le altre cose, tirosinasi, dopamina e L-DOPA, e piccole quantità di amminoacidi, tra i quali taurina, acido aspartico, acido glutammico, alanina e lisina.
Insomma un afrodisiaco naturale potente sopratutto se cotto poco , in modo da mantenere intatte taurina e acido aspartico.

Curiosamente la ricetta della pasta al nero di seppia ha una doppia origine: la si ritrova sia in Sicilia, nella zona del Catanese, che nel Veneto, nella zona della laguna di Venezia.
Oggi è una ricetta cucinata in tutto lo stivale ma le varianti sono molteplici. A dispetto delle sue umili origini, allorché delle seppie si consumava per necessità quasi tutto, nero di seppia compreso, questo piatto è oggi una specialità gastronomica di alta classe rinomata in tutto il mondo.

Grazie a Giovanni Majolino


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