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LA VARA È MESSINA
MESSINA È LA VARA

Il 21 ottobre 1535 l’Imperatore Carlo V d’Austria giungeva a Messina, reduce dalle vittorie di Tunisi e La Goletta contro Kair-ad-din detto il “Barbarossa”, re d’Algeri. È proprio in quest’anno ed in conseguenza di tale evento che si hanno il primo accenno alla Vara e la prima descrizione, sotto forma di enorme “carro triomphale”, approntato per esaltare e magnificare la visita dell’augusto personaggio. Nella riunione indetta dal Senato messinese il 19 settembre 1535, infatti, si stabilì per l’appunto di “darsi compimento alla machina della Vara”.


Partendo dalla piattaforma del “cippo”, sulla quale è rappresentata la “Dormitio Virginis” (morte della Vergine) la cui bara era contornata dai dodici apostoli secondo la disposizione canonica delle pitture bizantine, la cosiddetta “koìmesis toù theothòkou”, salendo sono raffigurati i “Sette Cieli” (il Paradiso) che l’Anima della Madonna attraversa durante la sua ascensione; quindi, in aderenza alla concezione tolemaica dell’Universo – la Terra al centro e il Sole, la Luna e gli altri pianeti ruotanti intorno ad essa – il Sole e la Luna girano sorreggendo, nei rispettivi raggi più lunghi, fanciulli vestiti da angioletti. Ancora più su è ubicato il globo terracqueo con le stelle fisse che sostiene altri angioletti (un tempo erano quattro, a simboleggiare le Virtù Cardinali) e, al culmine, la figura di Cristo che con la mano destra porge l’”Alma Maria” (l’Anima della Vergine) all’Empireo, dove c’è la beatitudine e la diretta visione di Dio.


Nel 1547 fu oggetto di entusiastico apprezzamento dalla viceregina baronessa di Mirto e nel 1571 Don Giovanni d’Austria, al ritorno della memorabile impresa di Lepanto del 7 ottobre, poté osservarla in tutti i suoi particolari. Munita in origine di quattro ruote, dopo il 1565 queste furono sostituite da scivoli di legno per consentirne il trascinamento sul selciato. Alla fine del secolo la grande “machina festiva” raggiunse una tale fama che aveva già valicato i confini dello Stretto: Giuseppe Carnevale, dottore in legge, nel 1591 la definiva “Maravigliosa festività…per l’altezza, e grandezza sua; e anco per l’ammirabile arteficio, e magistero: si tiene che sia, la più bella, e pomposa cosa del Mondo.”.
Nel Seicento, la Vara è alta palmi 54 (metri 11,80 circa) e animata da 150 personaggi, fra angeli, il Cristo e l’”Alma Maria”, tutti viventi. Placido Samperi, nel 1644, ne fornisce la più completa e accurata descrizione, riportando anche il dialogo che si svolgeva, ad intervalli, fra Cristo e l’Anima della Madre.
In questo secolo, la Vara fu particolarmente ammirata dal Vicerè Duca d’Osseda nel 1695 e da Pietro Emanuele Colon duca di Veraguas, Vicerè di Sicilia, nel 1698. Nel 1701 toccò al Vicerè don Giovanni Emanuele Fernandez Pacheco, marchese di Villena e duca di Ascalona, assistere alla processione della Vara affacciato alla finestra del convento annesso alla chiesa della SS. Annunziata dei Padri Teatini.


Lunghe e particolareggiate sono le descrizioni dei tantissimi viaggiatori che assistettero alla processione, fra questi: il pittore e architetto francese Jean Laurent Houel, a Messina nel 1776; nel 1785 la Vara è vista dall’Abate Claude Richard De Saint-Non che ne scrive nel suo “Voyage pittoresque”, e, nel 1786, dal tedesco Johann Heinrich Bartels; nel 1824 è descritta dal capitano della reale Marina Britannica W. H. Smyth.
Tutte le figurazioni, sin dalla sua origine viventi, dopo le vibrate proteste di intellettuali ed organi di stampa [“I bambini rappresentanti angeli restano come tramortiti da questa terribile posizione” (W. Irvine, 1808); “…girano con una certa velocità attorno alle piatteforme a rischio di perdere il sentimento e la vita…” (J.A.De Gourbillon, 1819); “Poveri bambini, muti di terrore, o strillanti, girano con le gambe in aria e la testa in giù” (Conte De Forbin, 1820); “Lasciate il camello, lasciate i giganti, che pur giovano a ricreare il basso popolo, ma per Dio si tolga un pregiudizio, che serve a torturare tanti poveri figliuoli” (“Il Vapore”, 1836)], i bambini viventi furono tolti nel 1866 e sostituiti da angioletti di legno e di cartapesta, compresi il Cristo e l’Alma Maria.
Dopo il lungo fermo forzato a causa del terremoto del 1908, nel 1926 la Vara tornava ad essere trascinata sulle strade di Messina, a perpetuare una storia di fede lunga cinquecento anni.

Il resto, è storia di oggi.

Nino Principato


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