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IL VESPRO – I DIFENSORI DI MESSINA

La rivoluzione si propagava ormai in tutta la Sicilia e nella sola Messina, a causa degli infami nobili più potenti e ricchi, gli angioini si erano fortificati. Ma ciò non fermò le glorie del popolo siciliano e nell’aprile, inviato dal viceré Erbert d’Orleans, un manipolo di soldati fu trucidato a Taormina prima ancora che vi si acquartierasse entro le mura.
Alla testa dei popolani e dei soldati taorminesi sebbene fosse di origini peloritane v’era Bartolomeo Maniscalco, artigiano e animo ardito, che esortò i più a sollevare la città peloritana. Giunto in città, Bartolomeo e i suoi uomini coinvolsero altri messinesi in atti di sfida e di offesa contro gli angioini sino alla rivolta aperta del 29 aprile, quando fu proclamata la disobbedienza a Carlo d’Angiò ed uccisi gli angioini rimasti. A gran voce furono acclamati la repubblica e il parlamento, che avrebbero preso forma poco avanti. Tuttavia il Maniscalco sarà costretto dai nobili a consegnare la guida della rivolta al nobile Baldovino Mussone, uno dei più infami figuri che aveva prontamente voltato la faccia di fronte l’irruenza popolare. L’usurpazione durò sino al giugno quando il Mussone portò mille combattenti alla morte presso la spiaggia in una manovra inutile e disastrosa, guadagnandosi la defenestrazione e la morte per mano del furore popolare, accorso di nuovo sotto la guida del Maniscalco.
Ma le operazioni militari e la situazione della città divennero ben presto molto precarie e fu quindi nominato Alaimo di Lentini a capo del governo cittadino. Nell’agosto le truppe angioine colpirono i ribelli siciliani presso il Torrente dei Legni, venendo però sconfitti. Ritentando un paio di giorni dopo furono sventati presso il colle della Capperrina da una squadra di donne capitanate dalle due borghigiane Dina e Clarenza, le quali scagliando pietre verso gli angioini e correndo ad avvertire i loro uomini e far risuonare le campane a stormo, fermarono l’assalto. Entrambe parvero sopravvivere allo scontro decisivo alla fine del mese.
Quando giunsero gli aragonesi nel settembre, freschi delle vittorie a Milazzo e Randazzo, gli angioini occuparono il palazzo arcivescovile tentando di congiungerlo con la porzione di città del Matagrifone. Ma quella stessa notte, grazie all’azione eroica del cavaliere Leucio Castello, il palazzo fu ripreso e gli angioini massacrati. Oltre al cavaliere, pare abbia trovato la morte nell’impresa anche il Maniscalco.
Finiva così l’ultima resistenza angioina a Messina, insieme alle aspirazioni repubblicane dei suoi eroici cittadini.

Dal web


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