I NOSTRI MONUMENTI
La Chiesa S. Eustochia e il Monastero di Montevergine
Sono passati più di 500 anni dalla fondazione di questo Monastero voluto nel 1464 da S. Eustochia Smeralda per farne luogo meditazione e di raccoglimento secondo la regola francescana. L’attuale costruzione fu realizzata dal 1634 al 1641, per opera degli architetti Niccolò Francesco e Antonio Maffei per la Chiesa, Andrea Suppa per il Monastero. Rimase indenne fino al 1674, quando la guerra contro la Spagna la danneggiò seriamente. Il complesso religioso fu ingrandito e modificato diverse volte. Dopo il terremoto del 1908, che risparmiò la cappellina dove veniva conservato il corpo incorrotto della Santa, la chiesa e il monastero furono ricostruiti dalla Curia e riaperti al culto da Mons. Paino, nel 1929. Si ricostruì utilizzando tutti i resti recuperati, tant’è che il prospetto è identico a quello pre – terremoto.
Il portale è di notevole pregio ed è sormontato da una finestra, recuperate dall’antica chiesa, ricomposto con le pietre originarie settecentesche. L’interno, pur non essendo più arricchito dai bellissimi marmi che lo adornavano e dagli stucchi dorati dei Maffei, risulta gradevole e suggestivo allo sguardo. Di grande rilievo l’Altare Maggiore, nel quale si ammira il celebre dipinto del pittore messinese Giovanbattista Quagliata (1658), raffigurante la “Madonna degli Angeli con S. Francesco e Santa Chiara”, dono di Sr. Margherita Marchese.
Del Panebianco (sec. XIX) è invece un dipinto che raffigura “San Francesco che riceve le Stimmate”.
L’altare Maggiore presenta finissimi intarsi marmorei, tra i quali fa spicco lo stemma della nobile famiglia Marchese, che si distinse per la generosità a favore del Monastero e Chiesa e che dette all’Ordine le sorelle Antonella e Diana Marchese, Badessa quest’ultima per ben tre volte la quale donò al Monastero il suo patrimonio. Identica attenzione si deve alla famiglia Rullo, il cui stemma è visibile sull’altare della Natività, oggi di S. Chiara; per lo stesso motivo si distinse la famiglia Stagno, il cui emblema è visibile sull’altare della Crocifissione. I due altari dì sinistra, entrando, erano dedicati alla Madonna della Lettera (ora S. Biagio) e all’Incoronazione della Madonna (ora Francesco), come precisiamo i bassorilievi dei paliotti marmorei e gli stemmi in alto. La decorazione prosegue con finissimi ricami di pietra, tra i quali si distinguo le testine alate ai fianchi degli altari, dovute alla mano dello stesso Nicola: modella sua figlia Antonia che divenne suora. Nel soffitto un altro grande artista messinese, Letterio Paladino, raffigurava in affresco l’Assunzione di Maria nella navata e la caduta della manna nel Presbiterio con effetti figurativi e narrativi senza puri, crollati il 28 dicembre 1908. Lungo il percosso che conduce alla Cappella della Santa ha luogo l’interessante esposizione legata alla storia del Monumento alla stessa santa: reliquie, cimeli e oggetti artistici. All’entrata un quadro con una pregevole tela ad olio del sec. XVI di pittore ignoto: raffigura Santa Eustochia Smeralda in profonde contemplazione. Una lapide dì granito ricorda come nel ’43 la Comunità della Suore sia rimasta illesa dopo la caduta dì una bomba aerea dì grosso calibro miracolosamente inesplosa. Un episodio simile avvenne nel 1848 quando una palla dì cannone dell’artiglieria borbonica tirata dalla Cittadella si fermò sull’altare della Santa senza causare alcun danno. Una seconda lapide del 1783 ricorda il riconoscimento del Papa Pio VI il 14-9-1782 del culto “ab immemorabili” della Beata Eustochia Smeralda. In un’ altro marmo è inciso il ricordo della venuta di Maria Elisabetta madre del Re Ferdinando II il 17 settembre del 1842. Ella ha visitato il Monastero ed ha venerato il S. Corpo incorrotto di S. Eustochia Smeralda. Sono esposte illustrazioni fotografiche sulla vita claustrale oggi. Sono visibili avanzi di legno del cipresso al quale la Santa usava appoggiarsi durante la preghiera; con parte del legno venne scolpito il Cristo morente, attualmente in clausura. Questo Crocifisso dominava l’assemblea liturgica durante la quale il Papa Giovanni Paolo II proclamava Santa Eustochia Smeralda. 150 quadri del professore Giuseppe Impallomeni illustrano tutta la vita della santa con accuratezza, documentazione e vivissima partecipazione. E’ esposto un minuscolo codice latino (un libretto trovato nel 1681 addosso alla Santa) che contiene oltre la prima Regola di S. Chiara anche il “Testamento”, la benedizione e il privilegio di povertà, manoscritto della fine del ‘300 o dell’inizio del ‘400, la più antica copia del “Testamento” finora conosciuta. Si conserva nello stesso Monastero di Montevergine un secondo codice della stessa epoca con il testo in siciliano. Una piccola urna contiene il teschio della venerabile Serva di Dio Sr. Maia Calafato Romano Colonna, madre di S. Eustochia, ritrovato nell’anno del giubileo 1750. La stessa piccola urna contiene anche il teschio della Beata Francesca Calafato Romano Colonna, sorella germana di Santa Eustochia ritrovato nella stessa epoca. Una grande urna orizzontale dorata contiene il corpo parzialmente semincorrotto della Venerabile Suor Jacopa Pollicino della famiglia dei Baroni di Tortorici, compagna inseparabile di Santa Eustochia Smeralda e Sua Biografa. L’11 giugno 1988, per la prima volta nella storia della Chiesa Cattolica, Papa Giovanni Paolo II venne a Messina per proclamare Santa Eustochia Calafato. Ogni anno il sindaco della Città, proseguendo un’antica tradizione risalente al 1777 e voluta dal Senato messinese, offre alla Santa un cero votivo assistendo alla Celebrazione Eucaristica.
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