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Il professore

All’ingresso princIpale del Cimitero Monumentale si erge un bassorilievo con modesta lastra tombale: raffigura due figure femminili, tra le macerie del terremoto del 1908, delle quali una fanciulla tiene per mano un ‘adulta guidandola verso un posto preciso. In basso, a sinistra, campeggia un volto d’uomo con accanto un virgulto d’alloro spezzato.

Edoardo Giacomo Boner nacque a Messina l’8 aprile 1864. Figlio di un ricco commerciante di agrumi, ancora ragazzo si era dedicato con passione alla poesia e allo studio delle lingue straniere; ma, terminato il Liceo, le disgrazie si accanirono sulla sua famiglia: prima, gravi dissesti finanziari, poi, una lunga malattia che portò il padre alla tomba. Ancora diciassettenne, per aiutare la famiglia si pose alle dipendenze di importanti ditte messinesi, viaggiando per le principali nazioni d’Europa, come rappresentante di commercio. Fin da bambino aveva avuto un’istitutrice inglese che gli aveva insegnato alla perfezione la lingua. Trovandosi a Londra, partecipò ad un concorso di poesia. A presiedere la commissione giudicatrice, era stato invitato Oscar Wilde. Il giorno della premiazione del vincitore Wilde scandì il titolo della poesia prescelta: “Invitation”, e, subito, pronunziò il nome del vincitore, “Edward Boner”. Oscar Wilde invitò il vincitore a ritirare il premio, e, nell’apprendere che era un siciliano, gli disse: “Tu mostri l’antica saggezza della tua isola illuminata dall’arte ellenica”. In seguito, la medesima poesia in versione italiana, col titolo “Invito”, venne pubblicata da Boner nel 1884, nella sua prima raccolta di versi, “Novilunio”. Boner scrisse e pubblicò anche dei racconti, “Sul Bosforo d’Italia”, dieci novelle di stampo veristico di cui cinque ambientate a Messina e “Racconti Peloritani”, dove la protagonista è ancora la Messina “fin de siecle” con le sue strade, i suoi monumenti, popolata da gente comune in preda a passioni elementari.

Tornato prima di Natale a Messina da Roma dove insegnava all’università, per le sue nozze fissate il 3 gennaio 1909, vi trovò la morte a soli 44 anni nel terribile sisma insieme alla fidanzata, alla madre ed alla sorella maggiore, nella casa di via delle Fabbriche (oggi intestata a lui) dove per fortuna si conservano rare abitazioni dell’800. Si salvò, ferita,soltanto la sorella minore Giulia che viveva con i suoceri in una casa del Villaggio Ritiro. Dalle macerie furono estratti i corpi delle tre donne; di Edoardo, nessuna traccia al punto che venne dato per disperso. Il corpo fu poi rinvenuto in circostanze che sconfinano col soprannaturale. Scrisse in proposito, in una lettera inviata l’1 giugno 1910 da Messina al cugino Giorgio Boner residente in Svizzera, Giulia: “Dopo diciassette mesi dal terribile disastro, ritentammo gli scavi a casa nostra (che s’erano già fatti l’anno scorso da alcuni colleghi e alunni del mio povero fratello senza alcun esito) e potemmo con dolorosa soddisfazione trovare le ischeletrite sacre spoglie del nostro Caro Estinto! L’instancabile mio buon Vincenzo s’ è impegnato fraternamente a trovare la cara salma e vi è riuscito! Immagina quale impressione ne abbiamo ricevuta! E se ti dicessi il vero movente che ci spinse a tentare ancora una volta a fare gli scavi a casa nostra, ti sembrerebbe una cosa inverosimile, eppure! Senti un po’: una bimbetta, figlia d’una agiata signora, abitante vicino a casa nostra, sognò del povero Giacomo il quale premurosamente e caldamente la pressò a farmi sapere che egli ancora trovavasi sotto le macerie. Difatti si fece presto ad avere il dovuto permesso, e trovammo il nostro Caro proprio in quel punto ch’egli aveva designato in sogno alla bambina di trovarsi!! Sembra stranezza, eppure è la verità. Ora il povero Giacomo avrà una decente sepoltura al nostro Cimitero…”

Così è spiegata la presenza delle due figure femminili nel bassorilievo della tomba di Edoardo Giacomo Boner.
Nino Principato


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