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GINO COPPEDÈ A MESSINA

Ben dieci edifici certi, per non contare i molti attribuiti, caratterizzano la presenza a Messina dal 1913 al 1925 del grande architetto fiorentino Gino Coppedè. Una figura talmente rappresentativa nel panorama architettonico e decorativo italiano dei primi venticinque anni del Novecento, al punto da definire una precisa corrente di gusto, un periodo figurativo particolare e un’originale cultura architettonica e artistica italiana a cavallo di due secoli, che fino allo scoppio del Secondo conflitto mondiale influenzerà i progettisti messinesi fino a determinare la nascita di una scuola di pensiero.
Nato a Firenze il 26 settembre 1866, dopo aver frequentato nel 1881 la Scuola Professionale di Arti Decorative nella sua città conseguendone il diploma, il 30 giugno 1917 ottiene per decreto la libera docenza in “Architettura Generale” presso la R. Università di Pisa. Alla lunga teoria di edifici e ville già realizzate soprattutto a Genova, aggiungerà dal 1917 al 1919 quello che è forse il capolavoro della sua vastissima produzione architettonica: il celebre “Quartiere Coppedè” a Roma.
Giunto a Messina nel 1913, in piena ricostruzione post-terremoto, in quell’anno progetta e realizza il Palazzo Tremi, il Palazzo Bonanno e il Palazzo e Villa Costarelli. Gli incarichi li ottiene tramite i fratelli Cerruti, finanzieri genovesi che nella città avevano aperto un “banco” ed effettuato investimenti nel ramo edilizio. Il Palazzo Tremi o “del Gallo” (così detto perché un tempo vi si trovava un’antenna in ferro battuto raffigurante l’animale) ancora esistente anche se sopraelevatissimo in via S. Cecilia incrocio con via Risorgimento, realizzato per il colonnello dei R. Carabinieri Vittorio Emanuele Tremi e la di lui moglie Maria Lepetit, esemplifica in maniera eloquente lo stile coppedeiano con ornamenti che vanno dal “Gothic revival” al Moresco, dal neo-Medievale al Liberty e spunti tratti dalla tradizione iconografica siciliana (testa di Medusa). Altre opere messinesi, tutte esistenti, sono i due edifici per i fratelli Cerruti (1915-19); Palazzo Loteta (1920); Palazzo Magaudda (1920); il Palazzo dell’isolato 312 parzialmente destinato alla sede del “Banco Cerruti”, tutti in via Garibaldi. Palazzo, quest’ultimo, oggetto di un magistrale intervento di restauro in corso, progettato con mano felice e impeccabilmente diretto dall’Arch. Maurizio Romano, ottimamente eseguito dall’impresa Ing. Arcovito Paolo costruzioni s.r.l..
Con quest’ultima architettura del 1925 si conclude la parentesi messinese di Gino Coppedè, che morirà fra due anni, inventore di uno stile nuovo e originale, “…l’unico architetto italiano dal Rinascimento ai nostri giorni – come scrive Manfredi Nicoletti – il cui linguaggio, nella conoscenza dotta e popolare, è identificato dall’etichetta lapidaria: Stile Coppedè”.

Nino Principato


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